Roy Caceres, lo chef che guarda lontano

I fatti, gli accidenti dietro (i) quali si nascondono, palpitano e fluiscono le molle di quel gioco impreciso le cui regole mutano a ogni istante e che viene convenzionalmente chiamato destino si snodano a volte secondo linee imprevedibili. Il siriano Salomon emigrato in Colombia, dove si era ben

metamorfosi-il nuovo ambienteambientato, non si sarebbe aspettato a 20 anni di tornare a Damasco per accompagnare suo padre a morire nella sua città natale. E di certo non poteva sapere che tornando anni dopo a Bogotà avrebbe dovuto ricominciare da zero perché le sue fortune erano state inghiottite in sua assenza. Soprattutto non poteva prevedere che il piccolo Roy, figlio di sua figlia, avrebbe fatto tesoro dei suoi gesti quotidiani in cui in cucina mescolava sapori e gusti orientali con quelli latini, mostrando una passione singolare per la preparazione dei cibi. Come quel Kibbeh, piatto di origine libanese a base di agnello, bulgur, cipolla e menta che veniva poi stufato o fritto, o ancora i fagottini di cavolo, carne, riso e spezie. Non poteva immaginare il buon Salomon che il piacere del cibo avrebbe segnato il destino di Roy portandolo a diventare, in una capitale al di là dell’oceano, uno chef amato e rinomato. Ma il destino lavora sull’imponderabile. E così Roy Caceres si ritrova a sedici anni a seguire sua madre in Italia. È il 1993. Nei suoi sogni c’è la NBA, ma in sottofondo, dietro i tonfi sordi dei palleggi ancora risuonano le note del gusto. Così quando inizia a lavorare come lavapiatti a Misurina  per uno chef un po’ schivo dalle solide fondamenta gastronomiche che prepara con diligenza le basi, gli gnocchi, la sfoglia, sente dentro di sè l’eco di gesti distanti nel tempo e nello spazio. “Mi sono proposto di dargli una mano e ho iniziato a imparare. Mi regalò lui il mio primo libro di cucina L’arte della cucina moderna di Henri-Paul Pellaprat. Una sorta di Bibbia per cuochi. Me lo regalò fotocopiato, perché era introvabile (Testo didattico di riferimento, stampato nel 1935, offre una raccolta attenta e dettagliata delle tecniche di cottura e conservazione, del corretto uso delle spezie, dei procedimenti di base. È stato ristampato nel 2009 da Rizzoli n.d.r.). Leggevo con avidità e guardavo le preparazioni dello chef. Ho sempre pensato che i libri e le persone siano fonti di incredibile saggezza. Poi ho iniziato a comprare la rivista Gran Gourmet, all’epoca costava 20.000 lire, non era poco. Ma mi ero appassionato a quella materia che richiamava tanti ricordi e risuonava con il mio piacere di mangiare”.

Roy Caceres e Carlo Zucchetti
Roy Caceres e Carlo Zucchetti

Da qui arriva a Forte dei Marmi dove si guadagna la promozione grazie all’improvvisa assenza del sous chef : “Comprai la mia prima divisa nel 98. Poi ci fu l’esperienza a Bormio e infine sul Monte Amiata in un locale da 150 coperti. Sono rimasto un anno e ho capito che cercavo qualcosa di diverso” E nel disegnare questo nuovo percorso incappa nel Pellicano di Porto Ercole. L’idea, dopo la Toscana è di andare a Londra, fare un’esperienza ancora diversa. Ma è il 2001, l’anno dell’attentato alle Torri Gemelli che stravolge l’Occidente in un ripensamento delle proprie certezze. Non è il momento giusto per volare Oltremanica. Capita invece a Castel Guelfo, vicino Bologna, alla Locanda Solarola. In questo angolo di Emilia, Antonella Scardovi propone una cucina di territorio raffinata e sapiente a cui tra gli altri aveva dato corpo un giovane e talentuoso Bruno Barbieri. Qui Roy rimane per 5 anni. “Era un posto bellissimo, avevo l’orto, la serra, 10 galline livornesi per le uova. Era il periodo in cui Parisi meravigliava il mondo gourmet con la qualità altissima delle sue uova, quelle prodotte da galline livornesi allevate con latte di capra. Qui sono diventato chef e qui ho iniziato a fare la mia cucina. La stella è stata confermata, ma la signora Scardovi purtroppo è venuta a mancare. Nel frattempo avevo conosciuto una signora francese sposata con un imprenditore romano. Avevano acquistato il ristorante Pipero ad Albano, mi sono trasferito e ho lavorato lì per 7 mesi con Alessandro Pipero e con Luciano Monosilio. Il Pipero si è poi trasferito a Roma, Alessandro aveva bisogno di un posto suo (Pipero al Rex) e io ho iniziato l’avventura di Metamorfosi qui ai Parioli”. Era novembre del 2010. Dopo soli due anni arriva la stella Michelin riconfermata anche quest’anno. Seduti a un tavolo ancora da apparecchiare, Roy racconta con la piacevole scorrevolezza del narratore la sua storia. “Ascoltare le tue vicende e quelle della tua famiglia mi fa pensare a Maqroll, il Gabbiere il personaggio attorno a cui ruota l’opera del colombiano Àlvaro Mutis”. Dice Carlo. E un po’ come il gabbiere, il marinaio che sta di vedetta sull’albero più alto della nave, anche Roy sa guardare lontano. Poeta del gusto, crea e ricrea un mondo di sapori che sanno suscitare meraviglia nell’aderenza completa fra forma e contenuto, nelle lievi, eppure essenziali influenze provenienti dai viaggi e dalla memoria. “Voglio creare qualcosa che duri nel tempo, voglio offrire in un piatto un’esperienza completa” ci dice con semplicità.

“Come l’uovo carbonara cotto a 65 gradi” afferma Carlo aprendo il menu “Un piatto che giustamente mantieni in carta ed è diventato un tuo classico”

metamorfosi menu
Metamorfosi, il Menu

“È il mio modo di interpretare la carbonara, il piatto principe della cucina romana. Ne ho voluto cogliere ed esaltare l’essenza, ovvero la cremosità. Ho lavorato sul concetto che è diventato il soggetto del piatto: uovo a bassa temperatura, spuma di parmigiano e pecorino, guanciale e pasta soffiata per rendere la croccantezza e giocare sulle consistenze. Adesso ci sono delle novità in menu. Dopo la chiusura per i lavori ognuno è tornato con esperienze diverse e ci siamo resi conto che soprattutto in Sudamerica quasi tutti i ristoranti offrono dei piatti da compartir, da dividere. Così abbiamo pensato che potesse essere interessante proporre anche questa idea”. E per scoprire fino in fondo di cosa si tratta vale davvero la pena sperimentare sul posto.

metamorfosi -i tavoli
Metamorfosi, i tavoli

“Parlando dei tuoi piatti, ricordo sempre con piacere il Coniglio Verde Leprino armonicamente accordato sulle note del cerfoglio, del nasturzio, della menta dell’uva passa e del mosto, gocce di gusto  per un piatto vivace e calibrato.  Ma soprattutto mi vengono in mente i bottoni di Ceci del Solco Dritto di Valentano con Coregone del Lago di Bolsena annaffiati e fatti liricamente sbocciare dal brodo tostato. Sento ancora quel fondo leggermente piccante che riscalda il palato e i profumi del Lago che si mescolano con quelli delle colline vulcaniche su cui sono coltivati i ceci.  La sintesi e l’esaltazione di un territorio in tutte le sue sfumature ” Carlo si riferisce alla serata Piacere Etrusco – la manifestazione organizzata dalla Camera di Commercio di Viterbo con la collaborazione di www.carlozucchetti.it –  che ha portato i prodotti a Marchio Tuscia nelle cucine di Metamorfosi, brillantemente introdotti e narrati dal giornalista enogastronomo Antonio Paolini .”Nella tua cucina la presenza di erbe e fiori è centrale”

“Sì, mi piace molto usarle e scoprirne le infinite possibilità. Ho un fornitore particolarmente disponibile che se non le ha a disposizione le pianta appositamente”

“Sono convinto che uno chef si misuri sulla costanza, sulla capacità di dare omogeneità ad ogni sua creazione e per questo è necessario poter fare affidamento su validi collaboratori. Raccontaci della tua brigata” chiede Carlo.

“Sono d’accordo con te. Con il sous-chef John Regefalk, svedese, ex del Ryugin, lavoriamo insieme da quattro anni, in pasticceria c’è mio fratello Diego Caceres, poi ci sono Ciro Escamardella e Roberto Agostini. In sala Paolo Abballe, sommelier, Juan Alberto, il maitre insieme a Riccardo, Luca e Mohamed che completano le forze di Metamorfosi”metamorfosi interno

Il nero corvino e brillante dei suoi occhi rimanda la vivace solarità del suo carattere. Alle sue spalle, la matericità della parete in terra cruda, con il suo impasto di argilla e fibre di paglia restituisce nelle tonalità terrose e naturali un ambiente caldo e moderno. È il felice risultato del restyling appena terminato, più aderente anche alle proposte di gusto di Roy. Metamorfosi è stato infatti completamente ripensato dallo studio Salefino di Agrigento (Nino Gelo, Mariella Asaro e Angelo Di Stefano), lo stesso che ha progettato Marzapane. Le luci giocano un ruolo fondamentale, da quelle importantissime dirette sul tavolo a illuminare con un fascio bianco il piatto, fino a quell’ambrato proveniente dalle lampade da tavolo in rame. Le strutture in legno alte quasi 5 metri, con il loro gioco di pieni e di vuoti creano dei divisori leggeri che rimodulano lo spazio. I colori sono quelli della natura, polverosi, di terra e pietra, quella pietra levigata che è elemento di arredamento all’ingresso e che si fa piatto di portata appositamente studiato per il nuovo menu .

METAMORFOSI

via Antonelli, 30/32 – 00197 Roma
Tel. 06 8076839
info@metamorfosiroma.it     www.metamorfosiroma.it 

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Chiuso: sabato a pranzo e domenica

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