I Ceci di Natale della nonna

fuoco2Il mestolo di legno nelle mani della nonna è un po’ come la bacchetta magica nelle mani della fata, poiché entrambi trasformano e sono legati ai ricordi di quando eravamo piccoli.
La differenza sta nel fatto che mentre le magie della bacchetta le abbiamo solo sentite raccontare, quelle del mestolo le abbiamo viste, odorate e gustate.

I profumi, i colori e i sapori della nostra infanzia ci seguiranno e condizioneranno per tutta la vita.

Questo è il potere magico del mestolo e di chi lo teneva in mano quando eravamo bambini.

Saremo sempre rincorsi da odori che ci ricordano qualcosa, da sapori da cercare e riscoprire che non saranno mai più gli stessi.

Prendere acqua e farina e trasformarli in pane, sentire il suo profumo appena sfornato, il sapore del tozzo caldo che, perché bambini, potevamo assaggiare per primi, era una magia. Essere investiti dall’aroma dei biscotti nel forno rientrando da scuola, e da tutti i profumi della cucina, a volte sgradevoli se quello che era stato cucinato non ci piaceva, sono emozioni che resteranno impresse per sempre nella nostra mente.

A volte viene la nostalgia di sapori antichi di pietanze semplici e dimenticate così come le faceva la nonna.

Spesso diciamo che questo o un altro ingrediente non sono più quelli di una volta, ma neanche noi siamo più quelli di una volta. Si cresce, si cambia e, a volte, ci si evolve. Il massimo delle trasformazioni in cucina, quando ero piccola, con grande affaccendamento per tutti, avveniva a Natale.

Nei giorni delle festività natalizie nella mia casa era usanza fare il cenone della Vigilia e il pranzo del giorno di Natale. Nei giorni seguenti si mangiavano gli avanzi.

Si trattava solo di due pasti, ma i preparativi iniziavano un mese prima e soprattutto, cosa particolare, erano coinvolti tutti i membri della famiglia. Ad esempio gli uomini di casa pensavano a rompere noci, nocciole, mandorle e pinoli. La sera dopo cena si sparecchiava, si metteva in mezzo al tavolo la frutta secca rotta e, tutti insieme, si ripuliva dalle bucce. La frutta seccaserviva poi  a preparare maccheroni con le noci, panpepati e altri dolcetti con largo anticipo.

Un altro compito che, ricordo spettasse a mio padre, era quello di spezzare le anguille e poi cuocerle sulla brace nel camino. Anch’io le mangiavo, non essendo ancora vegana, ma una volta vidi, in un film, una scena con questi animali, che non vi racconterò, ma che mi impressionò talmente tanto che da quel giorno non li mangiai mai più.

Forse fu una delle prime avvisaglie della mia sensibilità verso gli animali e la prima rottura con la tradizione alla quale poi sono seguite tante altre.

La sera della Vigilia si mangiava “di magro”. Per mia nonna significava ceci con baccalà.

Negli anni seguenti, forse per il miglioramento delle condizioni economiche, diventato poi consumismo, si mangiava il pesce, sempre più costoso: zuppe, fritture, pesci alla brace e manicaretti di ogni specie.

Nonostante tutto quel cibo, la nonna continuava a cucinare comunque il suo pentolino di ceci, ogni anno più piccolo. Insieme a lei anch’io, però, li preferivo a tante altre pietanze elaborate.

Ho continuato a mangiarli la sera della Vigilia finché lei è vissuta.

Dopo anni, diventando vegana, mangio spesso i ceci cotti in tanti modi diversi, ma, non volendo mangiare animali quelli con il baccalà non hanno più fatto parte della mia dieta.

Quando ho inserito le alghe in cucina, ho riscoperto oltre alle loro proprietà nutritive, anche i sapori del mare.

Ho già parlato delle alghe  in un mio precedente articolo, dove vi ho proposto la ricetta degli Spaghetti Salvavongole (se volete leggerlo cliccate qui).

Tra le varie specie di alghe c’è la dulse, forte e piccantina, che si presta molto a ricostruire, secondo me, il ricordo che ho dei ceci della nonna.

Ho provato questa ricetta e mi considero soddisfatta di aver trovato un ottimo compromesso tra il mio essere vegana, quindi non voler mangiare esseri senzienti, il continuare la tradizione della nonna, il sapore che ho riscoperto e i ricordi che mi suscita.

ceciCECI ALLE ALGHE

Ricetta vegana e senza glutine

Ingredienti per 4 persone:

250 g di ceci
Due foglie di alloro
Un pezzo di alga kombu
150 g di pomodorini o polpa di pomodoro
150g di cipolla
40g di alghe miste arame, kombu, wakame e dulse
Peperoncino q.b.
Olio extravergine di oliva
Un cucchiaino di miso di riso
Un mazzetto di prezzemolo tritato

Mettete in ammollo i ceci per una notte con un pezzo di alga kombu e due foglie di alloro. Il giorno dopo poneteli sul fuoco, togliete le foglie di alloro, ma lasciate l’alga kombu. Lasciateli bollire con poco sale fino a cottura.

Affettate finemente la cipolla e mettetela in una larga padella con dell’olio extravergine di oliva facendola appassire a fuoco lento. Aggiungete il peperoncino, i pomodorini tagliati a metà oppure la polpa di pomodoro secondo la stagione, i ceci con un po’ della loro acqua di cottura e le alghe tagliate a pezzetti.

Lasciate insaporire il tutto finché il liquido si sarà un po’ ristretto. Aggiungete il miso, fatelo sciogliere bene. Controllate il sale, ma in questa ricetta non ci dovrebbe essere bisogno di aggiungerlo perché sia le alghe che il miso sono saporiti.

Condite con un filo di olio a crudo, il prezzemolo tritato e qualche pezzetto di alga dulse cruda. Servite caldo con pane tostato.

Ho in mente l’immagine di Kafka in piedi di fronte ai pesci all’acquario di Berlino, quei pesci su cui cadde il suo sguardo con pace ritrovata dopo aver deciso di non mangiare più animali.

Kafka riconobbe quei pesci come membri della sua famiglia invisibile; non come suoi pari, certo, ma come esseri viventi di cui gli importava.
Jonathan Safran Foer

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