L’arte al sugo di Muniz

Quando ero piccolo mi divertiva guardare una vecchia signora che leggeva i fondi di caffè. Mi sembrava strano, che Emma, questo era il suo nome, goffa artefice di una palese burla, riconoscesse delle figure o delle forme in quelle brune anse rapprese. I rorschach da fine pasto affioranti dal piccolo baratro della tazzina ben introducono l’opera di Vik Muniz.

In un suo scritto del 2010 Francesco Bonami definisce l’arte di Muniz “ Arte al sugo” e non a torto. Bonami, pur non amando questo artista brasiliano, ne descrive l’opera che spesso è fatta con il cibo. Opere note della storia dell’arte sono riproposte da Vik Muniz con zollette di zucchero, mollica di pane e, appunto, caffè. La suggestiva e alquanto beffarda trovata di Muniz, anche se ha fatto inorridire Bonami, a me non dispiace. Guardiamo, ad esempio, questo piatto di pasta al sugo dal quale emerge la famosa “Testa di Medusa” Caravaggesca, quella che oggi si può vedere agli Uffizi diventa un’impressionante rivelazione da fine pasto, sconcertante, terrifica epifania, forse preannuncio di indigestione.

Sta di fatto che Muniz  non finisce mai di stupirci con questa abile manipolazione di sugo e spaghetti, una dote da singolare impiattatore.

L’arte di Muniz sembra nutrire i capolavori del passato, è il caso di dirlo, di burro d’arachidi e di cioccolata, di salse e di caffè levando loro un poco di alterigia e riconsegnandocele con un sorriso.

VikMunizGioconda
La Gioconda di zucchero

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