Intervista al nuovo Sottosegretario alle Politiche agricole Francesco Battistoni

Il programma di Francesco Battistoni: “Al lavoro su cambiamenti climatici, danni da fauna selvatica, accesso al credito e snellimento burocratico”

Francesco Battistoni, 54 anni da poco compiuti (è nato a Montefiascone), lunedì 1° marzo ha giurato come Sottosegretario alle Politiche agricole e forestali del Governo Draghi. Già assessore provinciale all’Ambiente e sindaco di Proceno, di agricoltura si è occupato tra l’altro come assessore e presidente di Commissione in Regione Lazio e membro dell’apposita Commissione in Senato.
Onorevole Battistoni, torna ad occuparsi di un tema che ha già seguito anche in Regione Lazio. Ma stavolta la competenza è per tutta Italia: è preoccupato del compito che lo aspetta?
Fare l’assessore regionale è stata un’esperienza sicuramente molto stimolante ma, non le nego che lo è stato anche fare il sindaco. Sono diversi anni che seguo l’agricoltura a vari livelli, mi sento pronto per questa nuova responsabilità, al ministero delle Politiche agricole. Sulla soglia di ogni nuova esperienza istituzionale si prova entusiasmo e preoccupazione. Per affrontare bene il ruolo, a mio avviso, serve una giusta dose di entrambe.

Quali sono, secondo lei, le principali criticità dell’agricoltura italiana?
I temi sono tanti, partendo dal fatto che l’agricoltura, in questa fase pandemica, non si è mai risparmiata. I nostri agricoltori non hanno mai fatto mancare cibo sulle nostre tavole; non è una cosa di poco conto nel pieno di una emergenza sanitaria internazionale. Ma sul settore gravano diverse problematiche, che lo Stato ha il dovere di affrontare. I cambiamenti climatici e le conseguenze devastanti su un territorio già fragile, i danni da fauna selvatica che stanno portando molti imprenditori alla disperazione, l’accesso al credito e la deburocratizzazione del sistema aziendale. Sono questi i quattro pilastri su cui poggia il piano della ripartenza del comparto agricolo. Dobbiamo lavorare e dare risposte in questa direzione, perché è questo che ci chiede il territorio.

E i punti di forza?
La solidità delle nostre aziende, la voglia di molti giovani di dedicarsi all’agricoltura e, soprattutto, il know how di conoscenze che ereditiamo di generazione in generazione. Stiamo crescendo anche con la tecnologia, oggi ci sono numerose start up che fanno scuola in tutto il mondo e che stanno contribuendo ad una maggiore sostenibilità ambientale. Non dimentichiamoci della pesca, settore che il Ministero delle politiche agricole segue direttamente. Siamo un popolo di grandi navigatori ma anche di pescatori. I nostri mari ci danno tanto in termini di qualità del prodotto, abbiamo esperienze straordinarie che fanno parte della nostra cultura, della nostra identità.

La pandemia ha cambiato il modo di produrre e distribuire in tutti in settori, tranne forse che in agricoltura, dove per la maggior parte dei casi è impossibile fare ad esempio smart working: quali le sfide più importanti nell’era Covid?
Siamo lontani dallo smart working in agricoltura, ma ci stiamo avvicinando alla digitalizzazione, anche se a piccoli passi. Purtroppo, in alcune aree di prossimità, dove peraltro l’agricoltura è il settore prevalente, la rete non arriva. Risulta difficile immaginare un monitoraggio a distanza delle fasi vegetative o quello della situazione idrica, ad esempio. La digitalizzazione è una sfida, ma per vincerla serve un cambio culturale, ma prima ancora importanti investimenti economici.
Per quanto riguarda la distribuzione, va tenuto conto del fatto che il trasporto merci in Italia viaggia quasi al 90% su gomma. Senza una rete autostradale adeguata, anche il transito dei prodotti ortofrutticoli ne risente, e forse più di altri per via della l’insufficienza di hub logistici refrigerati. Non parliamo di “prodotto gelo”, ma di “fresco”, che ha ben altre esigenze di trasporto.

Lei conosce bene la Tuscia e la qualità delle sue produzioni: cosa a suo avviso non è stato fatto e che invece poteva e doveva essere fatto?
Abbiamo un’agricoltura in grande sviluppo, c’è in corso un ricambio generazionale molto interessante, che sta portando ad un nuovo approccio più sostenibile e digital.  Numerose aziende biologiche si stanno facendo strada e le colture storiche stanno consolidandola loro posizione economica. Chiaro che la nostra provincia sconta un gap molto elevato sulle infrastrutture, questo ci penalizza. Ma non sono pessimista, respiro un’aria molto positiva tra gli agricoltori del nostro territorio. La preoccupazione principale riguarda, come spiegavo prima, i cambiamenti climatici. Anche a Viterbo abbiamo subìto ingenti danni recentemente. Penso al capoluogo ma anche al litorale tirrenico, dove molti prodotti orticoli sono stati rovinati da agenti atmosferici inattesi. Ma il bicchiere è mezzo pieno, senza alcun dubbio.

Ti piace questo articolo?

Condividilo su Facebook
Condividilo su Twitter
Condividilo su Linkdin
Condividilo su Whatsapp

Iscriviti alla Newsletter di Carlo Zucchetti