Il Marroneto: in vite veritas

Montalcino

Attraversiamo  Montalcino con le sue strade strette e scendiamo verso la piccola chiesa della Madonna delle Grazie. Siamo sul percorso della via Francigena, al centro di un simbolico triangolo ai cui vertici si trovano le meravigliose abbazie di Sant’Antimo, Monte Oliveto e San Galgano. Il paesaggio della Val d’Orcia si apre sotto di noi in tutta la sua ampiezza.

Il Marroneto è qui, nelle sue strutture centrali,  dal 1247.  Il suo primo nome era Marronato, poi per un errore di trascrizione nel ‘700 è diventato Marroneto che ricorda la sua precedente destinazione: luogo di essiccazione dei marroni, prodotto fondamentale della cucina contadina.

Carlo Zucchetti e Alessandro Mori
Dal vigneto arrivano le note di una canzone commerciale che stride con l’ambiente, qualcuno sta cimando a mano in compagnia della radio. Entriamo nella cantina del Marroneto in cerca di Alessandro Mori il proprietario che spunta da dentro l’ufficio con un grande sorriso.  Faccia aperta e solare, Alessandro è travolgente, ha un entusiasmo affettuoso che rapisce l’interlocutore. L’accoglienza è calorosa e divertente e finisce in una simpatica

Alessandro Mori e Carlo Zucchetti alle prese con una scommessa

disputa con  Carlo Zucchetti a proposito del suo Panama: quale paese detiene il primato come maggior produttore? La suspance si alza anche grazie alla rete un po’ debole, ma alla fine Wikipedia emana un verdetto salomonico che riconcilia le posizioni. Ci spostiamo all’esterno. Alessandro ci racconta la  storia dell’azienda,  simile a quella di molte altre, il padre di Alessandro, Giuseppe, brillante avvocato senese cercando un terreno nel Chianti in qualche modo arrivò qui e rimase colpito dal panorama. Era il 1974. “Per la nostra famiglia quest’azienda nasce  un po’ come un gioco. Venivamo qui in macchina il fine settimana. Nel ‘75 piantammo i primi 3.000 mt di vigna, ma presto sia io che mio fratello Andrea prendemmo altre strade. Lui penalista a Siena, io avvocato a Roma, non c’era spazio per l’azienda. Nel 1993, dopo 3 anni in cui tutto questo era sparito dalla mia vita, offuscato dai nuovi impegni, tornai a vedere in che condizioni era il posto perché avevamo pensato di vendere. E invece decisi di restare. Mi sono licenziato, ho lasciato Roma, e sono venuto qui. I primi anni sono stati molto difficili, bisognava recuperare un vuoto di gestione, rimettere in piedi l’azienda. Alla fine sono ripartito, ma in quel periodo si cercavano vini morbidi e  profumati, io invece cercavo quello che avevo imparato in cantina anni prima: il tempo mi ha dato ragione ”. Ci affacciamo da una terrazza  che guarda sui vigneti e sulla vallata circostante. Altre vigne e altre aziende che Alessandro ci nomina citandone il proprietario. Proprio sotto di noi il rumore della radio attrae lo sguardo verso Maurizio che continua a cimare, Carlo chiede: “Come ti trovi con l’inerbimento? Non tutti pensano che sia un sistema efficace, immagino che molto dipenda dalle zone e dai terreni”. Alessandro guardando le sue viti:

“Io uso i sistemi che ho imparato da bambino. L’inerbimento l’ho mutuato da Paolino De Marchi che fece la vigna con il vomere, senza scasso. Qui il terreno è al 74% sabbia di mare, le viti sono molto rigogliose.  I tralci arrivavano fino a 4/5 metri in un mese. Poi c’era il problema della fioritura che non era in 10, ma in 3 giorni con grossi danni di produzione perché il tempo di impollinazione era troppo breve. Con l’inerbimento riesco a controllare meglio questa vigoria delle viti. ”.

Alessandro Mori

“E con il corno silice o il corno letame come la metti?” Chiede Carlo riferendosi alle pratiche biodinamiche.

“In generale penso che prima di ogni altra cosa, alla base di tutto, ci debba essere il rispetto del prodotto, del territorio e delle persone che lavorano: pur non essendo certificato biologico, non uso fitofarmaci sistemici, le lavorazioni in vigna sono limitate. Se consideri  che le barbe cercano l’humus nei primi 60 cm di terra, capisco che se la smuovi togli alla pianta quello che cerca. I nostri nonni usavano il sovescio con cui fornivano azoto alle piante, con il favino perlopiù, e concimavano con stallatico fermentato in quantitativi bassi che dava al vino quel profumo di incenso chiamato “sapor di sacrestia”, sono profumi ormai dimenticati. Ma la lezione di fondo rimane essenziale ovvero prestare la massima attenzione a quello che si dà alle viti, a come trattarle. Penso che le viti diventino espressione di territorialità se non aggredite. La vite è sincerità. ”

“Parlando di Brunello, Mario Soldati scriveva che esige un’assoluta rinunzia a qualsiasi manipolazione, mi sembra che anche tu ti attenga a questo principio” dice Carlo mentre ci avviciniamo alla cantina. Quando parla del suo vino i modi estroversi di Alessandro diventano più pacati, svelano la dolcezza della dedizione e la seria riflessione sulle pratiche di vinificazione: “Il vino rappresenta il mio modo di esprimermi, è il segno, la traccia del mio passaggio nel mondo. Sono 40 anni ormai che sto in vigna ho dedicato le mie attenzioni a un unico vitigno: il Sangiovese grosso. Di solito vendemmio a metà ottobre, le rese sono bassissime. Lavoro molto sui vinaccioli e sull’estrazione dei tannini verdi. Nella mia vita nulla è stato casuale, tutto quello che so e che continuo a seguire per la mia cantina l’ho imparato da piccolo, qui in azienda, seguendo i grandi Giulio Gambelli e Mario Cortedesio. Per il cru Madonna delle Grazie l’uva viene lasciata ferma per 48 ore nei tini di rovere di Allier, la temperatura sale lentamente nei primi 5 giorni. La macerazione si protrae per 15-18 giorni fino alla separazione delle bucce e assemblo due mesi prima dell’imbottigliamento. Poi si procede all’affinamento in botti di rovere per 41 mesi e 10 mesi in bottiglia. Cerco di permettere al vino di avere la sua evoluzione naturale”.

“E sempre per rimanere nel naturale, anche i lieviti sono indigeni e non selezionati” aggiunge Carlo che conosce e apprezza i vini del Marroneto, poi giocando sull’effetto sorpresa “Visto che hai perso la scommessa…” ma non riesce a finire la frase perché Alessandro con lo sguardo furbo non si lascia prendere alla sprovvista: “Nessuno ha vinto, avevamo ragione entrambi… “ poi ridendo ”Ora purtroppo vi devo lasciare, ma ci vediamo a Montefiascone e lì ci sarà tempo per lanciare una nuova scommessa che ovviamente questa volta vincerò…”  Il Marroneto, infatti, sarà presente nel percorso della 55a Fiera del Vino di Montefiascone dedicato alle prime 5 DOC italiane.

Lasciamo Alessandro agli impegni della giornata, il cielo è diventato scuro e minaccioso. Lungo la via del ritorno una pioggia intensa rallenta la marcia,  ma il paesaggio visto dal finestrino è bellissimo: i toni cupi del cielo e la violenza dell’acqua sferzano la dolcezza di questo territorio dalle linee nitide e rotonde e  il rumore forte sul parabrezza intensifica questo drammatico contrasto creando un effetto lontano, e per questo di grande impatto, dalle immagini della Val d’Orcia a cui siamo abituati.

 

 

 

Località Madonna delle grazie 307
53024 Montalcino (SI) – Italia
I vini
Brunello di Montalcino D.O.C.G. Madonna delle Grazie (Sangiovese grosso)
Brunello di Montalcino D.O.C.G. (Sangiovese grosso)
Rosso di Montalcino D.O.C.G. Ignaccio (Sangiovese grosso)

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