30 imprese nel sud Italia e 15 ettari di terreno: ecco il nostro goji

Il goji, bacca di origine tibetana molto diffusa in Oriente, sta conquistando sempre più i consumatori occidentali grazie alle se proprietà antiossidanti e anti-age. La filiera italiana conta 15 ettari e 30 produttori tra Calabria, Basilicata, Sicilia e Puglia e una produzione complessiva di 30 tonnellate, destinata a raddoppiare già da quest’anno e a conquistare anche la Sardegna. Se ne è parlato a Verona nell’ambito dell’evento Fruit&Veg System, la startup promossa da Veronafiere e Agrifood Consulting, con l’obiettivo di mettere in contatto la filiera produttiva dell’ortofrutta con il mondo della logistica.

Il goji è nuova solanacea, della famiglia del peperone, della melanzana e del pomodoro e il brand Goji italiano è nato nel 2015 ed è costituito da una rete di 30 imprese denominata Lykion, dal nome del Lycium barbarum, varietà di bacca rossa. «Coltiviamo con metodo biologico e con certificazioni Vegan Ok e Marchio unico nazionale (Mun), che attesta l’italianità del prodotto, e abbiamo in corso la certificazione sociale per una filiera equa e solidale – spiega l’agronomo Rosario Previtera, presidente dell’associazione – A differenza di quanto normalmente si trova nei punti vendita, vale a dire una bacca essiccata, per lo più di provenienza cinese, il prodotto commercializzato da Goji italiano è fresco. Si tratta di frutti in vaschetta raccolti direttamente dalla pianta o di confettura».

La rete del Goji italiano offre assistenza tecnica in campo, compresa la realizzazione degli impianti di coltivazione a spalliera (simile al vigneto), il posizionamento dei sistemi di irrigazione a goccia, fino alla commercializzazione del prodotto. «Buona parte della produzione del 2015 è stata commercializzata nei canali di Conad e Simply – dice Previtera – ma la richiesta è particolarmente interessante anche dall’estero, con i consumatori del Centro-Nord Europa fra i principali interessati».

Per ogni ettaro, mediamente, sono coltivate circa 4.000 piante di goji e la produzione media si aggira sulle due tonnellate per ettaro nel primo anno, che sale a cinque tonnellate il secondo anno e si assesta sulle 10 tonnellate dal terzo anno. La pianta di goji viene potata a gennaio, mentre la raccolta delle bacche si prolunga da giugno ai primi di novembre. I costi di produzione complessivi non superano mediamente i 5.000 euro l’ettaro, mentre i ricavi si aggirano intorno ai 20 euro al chilogrammo. Già dal primo anno si ricavano dalla vendita 40.000 euro ad ettaro. Tra le proprietà benefiche riconosciute al goji il controllo della pressione arteriosa, la diminuzione del colesterolo «cattivo», una presenza di vitamine, sali minerali e oligoelementi superiori rispetto alla maggior parte di altri frutti. La rete del goji italiano è oggetto di ricerca da parte di un pollo di università, fra le quali Salerno, Napoli, Reggio Calabria e Urbino.

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