Calice a calice con… Sergio Mottura

Ci sono persone che hanno qualcosa di speciale, te ne puoi accorgere guardandoli negli occhi o dal modo di muoversi nel mondo, con sicurezza, come fossero sempre in un ambiente conosciuto. Ci sono persone che comunicano dinamismo e quando ti capita di parlarci hai la sensazione che non conoscano momenti di cedevolezza, ma anzi abbiano continuamente bisogno di cercare, conoscere, sperimentare.

Sergio Mottura è una di queste persone.

Gli occhi vivacissimi e mobili rivelano la sua attenzione verso le cose e al tempo stesso la velocità di pensiero.

Lo abbiamo incontrato pochi giorni fa, nella sua bella casa di Civitella d’Agliano, era appena rientrato da una passeggiata con i suoi cani. Sempre gentile ed elegante, ci ha raccontato la storia dell’azienda che è in buona parte anche la sua storia.

Quella di diventare viticoltore è stata una vera e propria scelta per cui ha lasciato Torino, la sua città d’origine, e ingegneria al Politecnico. Esperienza agricola ne aveva fatta nell’azienda di famiglia vicino Torino, quindi non esitò a gestire i terreni della proprietà di Civitella d’Agliano ricevuta in eredità insieme ai fratelli.

“Quando iniziai a seguire la tenuta di famiglia, questa era condotta a mezzadria e suddivisa in ventuno poderi. Secondo questo tipo di contratto, ogni podere era una piccola fattoria indipendente che produceva tutto il necessario per la vita della famiglia colonica e per l’economia della proprietà. Era necessario trasformare tutto.” La vite era maritata allo “stucchio” (acero) come da tradizione etrusca, permettendo il pascolo del bestiame e riducendo gli attacchi di peronospora e i danni delle gelate. I  tralci venivano raccolti in “trecce” di due o tre e curvati ad arco. Si usava anche collegare le piante tra di loro tramite  le “tirate” (lunghi tralci ) potati a cordone speronato e rinnovati spesso.

“Una volta risolti i contratti di mezzadria reimpiantai i vigneti specializzandoli. All’epoca si vendeva uva in cassetta, soprattutto a Sarzana, dove era richiesta dagli operai della Montecatini che si facevano il loro vino. Si trattava di Sangiovese e Malvasia. Poi questo mercato finì”

Erano i primi passi, le botti non erano adatte, fatte con legno mal stagionato, ma la spinta a fare un buon vino, a ottenere grandi risultati non si era esaurita e a quel punto il caso ha dato una mano proveniente da Oltremanica, per la precisione da Londra. Mottura riesce a entrare nel mercato inglese con l’Orvieto attraverso la grande distribuzione della Majestic Wine: “ma da lì a qualche anno la Majestic Wine fu venduta e mi trovai veramente male. Chi aveva acquistato la Majestic aveva già Antinori che forniva l’Orvieto”.

Anche in questo caso interviene la fortuna, ma anche l’abilità di riconoscerla. Mottura  incontra un grosso importatore con la Germania e contemporaneamente  riesce  a  riaprire  il  mercato londinese.

Nel frattempo arriva il marzo del 1986, data funesta dell’enologia, scoppia lo scandalo del vino al metanolo e tra lo sdegno dei consumatori crolla vertiginosamente il comparto vitivinicolo.

Cosa fare con 80 ha di vigneto, 10.000 qli di uva e il mercato chiuso?

Intanto guardarsi intorno e capire. Intelligenza e intuito diventano indispensabili nei periodi di crisi.  Mottura riesce a superare il momento con la produzione di concentrato che in breve diventa una risorsa per l’azienda, proprio grazie a quegli introiti, infatti, non solo evita di vendere, ma fa nuovi investimenti sia sulle vigne che in cantina. “Ho ridotto i vigneti, migliorando la qualità. Con Straffi (l’enologo) abbiamo vissuto un’esperienza incredibile. Fu lui a mettere a posto la cantina e a capire le potenzialità del Grechetto”. E così siamo arrivati nel cuore della storia, il racconto di un vino che nel tempo si è riappropriato di un territorio e ne è diventato il simbolo.

Nell’ampio salotto di Mottura la porta finestra scopre la bella campagna civitellese, i cani, fuori, si avvicinano ai vetri. Sergio Mottura ci sta raccontando la storia della sua Cantina e dei suoi vigneti, la scoperta del Grechetto e la convinzione di poterne fare un vino importante.

“La mia passione per il Grechetto ha avuto solo conferme, ma andando per gradi”.

Carlo Zucchetti lo incalza: “Il Grechetto è una specie autoctona dalla maturazione precoce e dal grappolo spargolo  che la rende  resistente alle malattie della vite, in particolare all’oidio e al mal dell’esca (apoplessia, n.d.r.), quindi facilmente coltivabile in regime biologico, ma vinificata presenta una forte vena tannica simile a quella dei rossi, come hai affrontato la questione?”

Mottura sorride quasi ritornando mentalmente ai momenti degli assaggi e delle prove per ovviare al problema: “È stata necessaria una lunga sperimentazione e l’avvicendamento di quattro enologi per arrivare al risultato di oggi dovuto a un attento lavoro nei vigneti, caratterizzati da alta densità e basse rese per ettaro, a un’accurata scelta del momento della vendemmia, e in cantina, attraverso una pressatura immediata e tecniche ormai collaudate di vinificazione. In questo modo siamo riusciti a valorizzare l’elevato sentore tannico”.

Non per niente Mottura è considerato uno dei migliori interpreti di Grechetto.

Ma un buon vino non è solo lavoro in cantina, anzi è necessario partire da un buon prodotto e la vigna, il vigneron e il terroir possono davvero fare la differenza: “Hai più volte ripetuto, ed è un punto di partenza fondamentale,  che il buon vino nasce nella vigna e hai sempre sottolineato l’importanza della potatura. Dalla tua esperienza per il Grechetto e per le nostre zone è preferibile la forma di allevamento a guyot o il cordone speronato?” domanda Carlo mentre la luce di una giornata tersa di tramontana entra a illuminare la stanza.

“I miei vigneti sono in regime biologico, il regolamento ricalca la migliore gestione del terreno. L’inerbimento mi permette di azotare il terreno naturalmente, senza apporti chimici. L’allevamento a guyot consente prima di tutto un maggiore controllo del mal del’esca, di evitare i funghi. Il legno crescendo poco e in maniera compatta aiuta a contrastare il diffondersi dei funghi. Nella potatura a guyot non si fanno mai tagli ampi e questo facilita una rapida cicatrizzazione con evidente minore esposizione per la pianta. Inoltre il guyot mi permette di lasciare su ogni tralcio almeno sei gemme per avere la certezza che l’ anno successivo maturi l’ uva, perché non tutti gli occhi sono produttivi, di solito le prime due gemme sono sterili. Per ogni gemma si ottengono poi due grappoli”.

“Quando si lavora con professionalità, ai tuoi livelli ci sono molti momenti significativi e soprattutto incontri decisivi. Raccontaci come è nato il Latour a Civitella” chiede ancora Carlo che conosce molto bene la storia della cantina Mottura.

“Iniziai a imbottigliare il Poggio della Costa come Grechetto puro. Era apprezzato. Fui meravigliato. Durante una cena a Berlino per festeggiare gli 80 anni di Robert Mondavi (il più famoso produttore americano di vini di qualità, ndr ), era il 1994,  conobbi molti produttori francesi: assaggiarono il Poggio della Costa. Uno di loro si complimentò: era Louis Fabrice Latour, autorevole commerciante di vini della Borgogna, appartenente a una delle più famose Maison produttrici di botti. Mi disse che il Grechetto aveva carattere e mi chiese se avevo provato a passarlo in legno, ma io avevo avuto risultati insoddisfacenti… Mi suggerì di farlo fermentare in fusti di rovere come si fa in Borgogna. Mi regalò cinque fûts de chêne che pensava fossero utili. Poi mi invitò a mandare da lui i miei enologi. Disse che mi avrebbe regalato una generazione di esperienza. Nacque così questo nuovo Grechetto e non potevo che chiamarlo Latour a Civitella”.

“E siamo arrivati alla conquista dei tre bicchieri della Guida del Gambero Rosso. Non a caso la guida “Vini d’Italia” 2012 sempre del Gambero Rosso ti ha eletto viticoltore dell’anno. Cosa ti senti di consigliare a chi si vuole avvicinare alla produzione di vini?” chiede Carlo.

“È importantissimo il legame con l’azienda, possibilmente fin da giovani, ed è fondamentale tenere in considerazione le antiche pratiche contadine  senza perdere d’occhio le innovazioni, insomma non bisogna  liquidare come superato tout court l’esperienza di chi conosce i terreni e le tecniche di coltivazione e di potatura attraverso la pratica. Il resto sta alla capacità di capire cosa tenere di queste esperienze e cosa cambiare osservando e sperimentando. È necessario studiare i terreni, io passeggio spesso da solo per i miei vigneti, l’ho fatto anche in Borgogna, devi guardare, capire e carpire ciò che può essere utile a migliorare la qualità. Altrettanto importanti sono i legami internazionali sia per confrontarsi su novità e tecniche di produzione, sia per cercare un mercato non esclusivamente locale”. Il discorso poi si sposta sull’ultima vendemmia, Carlo Zucchetti chiede:

“Parliamo dell’annata 2012. Siccità e caldo intenso a cui si può opporre solo un buon lavoro in vigna. Daniele Di Mambro, enologo di diverse cantine della Tuscia, mi diceva a inizio vendemmia che  in annate come queste quello che conta è il Terroir, la passione e il lavoro del vignaiolo e che solo chi ha lavorato bene riuscirà a portare in cantina uve sane con maturazioni polifenoliche giuste.”

“Quest’anno avremo un grandissimo Poggio della Costa, molto morbido
. I tannini erano duri e l’ho portato avanti con l’irrigazione.  Vendemmiando a mano ho potuto scegliere la qualità.” Risponde con soddisfazione Mottura.

È tardi, si sentono gli odori della cucina dove si inizia ad approntare il pranzo, Sergio Mottura ci accompagna alla porta scambiando le ultime battute sull’importanza di continuare il lavoro di promozione del Grechetto e della sua terra e ci si lascia dandosi appuntamento alle degustazioni guidate di Per Bacco 2013 e ai percorsi de Le Terre del Grechetto 2013.

 

 

Cantina Sergio Mottura

Località  Poggio della Costa, 1

01020 Civitella d’Agliano (VT)

Tel. 0761914533

Fax 06/44233187

vini@motturasergio.it

www.motturasergio.it

 

I vini

Brut Classico (Chardonnay)

Grechetto I.G.T. Civitella d’Agliano Latour a Civitella

Grechetto I.G.T. Civitella d’Agliano Poggio della Costa

Orvieto Amabile D.O.C.

Orvieto D.O.C.

Orvieto D.O.C. Tragugnano

Civitella I.G.T. Lazio rosso (Merlot, Montepulciano)

Magone I.G.T. Lazio rosso (Pinot Nero)

Nenfro I.G.T. Lazio rosso (Merlot, Montepulciano)

Grechetto I.G.T. Civitella d’Agliano Muffo

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