Sicurezza sanitaria o sicurezza economica? L’indagine della Fipe sulla situazione dei pubblici esercizi in Europa

La Federazione Italiana Pubblici Esercizi ci offre un quadro approfondito degli aiuti e delle limitazioni, attuate dai governi dei maggiori paesi Europei durante la seconda ondata della pandemia.

Il prolungarsi della crisi pandemica continua a tenere aperta una battaglia da parte dei governi nazionali su due fronti distinti: il fronte della sicurezza sanitaria e quello della sicurezza economica dei propri paesi. Come nell’enigma del contadino che deve attraversare il fiume su di una zattera, portando con sé capra e cavoli, senza che l’animale si mangi i frutti del suo raccolto, il nostro contadino sono i governi nazionali che devono attraversare il fiume in piena della pandemia, arrivando sull’altra riva con vite salvate e attività ancora in piedi. La grossa differenza nel risolvere l’enigma, e che qui non basta purtroppo il semplice ragionamento logico per giungere ad una soluzione, il problema è decisamente più complesso.

Se da una parte, per contenere il più possibile i contagi e la circolazione del virus, urge attuare limiti e restrizioni alle attività che coinvolgono la socialità, dall’altra questo comporta notevoli perdite da parte dei gestori dei pubblici esercizi. Ci si trova quindi a dover tentare di equilibrare un ago della bilancia decisamente insidioso, cercando di contenere le situazioni che provocano assembramenti, ma allo stesso tempo tentando di non eccedere dove non necessario per garantire alle attività legate a queste condizioni, di svolgere in qualche maniera il proprio lavoro. Allo stesso tempo, dove queste restrizioni diventano imprescindibili, occorre intervenire con aiuti economici efficaci a sanare i danni per le attività intaccate. Un problema decisamente complesso nella gestione, che si complica ulteriormente vista la sua entità strettamente legata a una situazione in continua evoluzione e mutamento, non del tutto controllabile.

È in questo tragico scenario che si sono dovuti districare i vari governi dei paesi Europei (e non), e la Fipe ha stilato una documentazione che ci aiuta a comprendere come i maggiori stati U.E. si siano mossi in merito alla situazione dei pubblici esercizi e quali manovre abbiano ritenuto più valide per la salvaguardia sanitaria ed economica dei propri cittadini.

L’indagine della Fipe/Confcommercio (Federazione Italiana Pubblici Esercizi) analizza il periodo compreso tra la fine del 2020 e l’inizio del nuovo anno fino ad oggi, anticipando anche le restrizioni apposte, con informazioni rilevate fino al 13 gennaio 2021. Cerchiamo di illustrarla nel dettaglio:

Le restrizioni negli stati U.E.

Il 90% degli esercizi pubblici in tutta Europa è costretto all’obbligo di chiusura. Sembra abbastanza compatta quindi la decisione da parte di tutti gli stati, che nella quasi totalità dei casi si muovono verso la stessa direzione. Il restante 10% degli esercizi sono soggetti a limitazioni orarie. Diversamente invece è per la gestione degli aiuti economici e le misure che vanno incontro a lavoratori ed attività. In questo caso l’Italia viene messa a confronto con Francia e Germania, visto che “si tratta di Paesi con regime simile a quello italiano e i cui governi sono intervenuti in maniera omogenea a differenza di altri Paesi, come ad esempio la Spagna, che è intervenuta tramite le singole autonomie”, spiega la Fipe. Tra i tre stati presi quindi in analisi, è la Francia quella ad anticipare le limitazioni, partendo già da settembre 2020. Italia e Germania attueranno le prime restrizioni da ottobre, per poi procedere verso le chiusure a novembre, scelta poi attuata anche dal governo francese.

Le misure di sostegno in Italia Francia e Germania

Riguardo alle locazioni commerciali è l’Italia ad essere la più incisiva: il credito di imposta del canone di affitto, infatti, è del 60% per i mesi da ottobre a dicembre 2020, con in aggiunta la sospensione degli sfratti di immobili anche ad uso non abitativo. Segue la Francia con un credito del 50% del canone, ma relativo al solo mese di novembre, mentre la Germania non ha previsto nessuna manovra in tal senso.

Tra le misure più importanti che notiamo dalla tabella, sicuramente va sottolineata la riduzione dell’iva attuata dalla Germania per i ristoranti, applicabile nel comparto food: si passa infatti dal 19% al 7%. L’Italia invece, oltre a sgravi fiscali e prestiti garantiti dallo stato, si distingue per il “Bonus Centri Storici”, un contributo a fondo perduto per attività economiche e commerciali nei centri storici a parziale compensazione delle perdite, e per i “Fondi Filiera Ristorazione”.

Le misure di ristoro

Sui ristori forniti ai pubblici esercizi, la Germania si dimostra quella più chiara ed efficiente. L’entità dei contributi infatti è misurata confrontando il fatturato dei mesi di chiusura (ottobre, novembre e dicembre 2020) con quelli dell’anno precedente, per valutare le perdite e agire di conseguenza in base all’ammontare di esse. Se la diminuzione è più del 70%, sono coperti il 90% dei costi fissi; se compresa tra il 70% e il 50%, il 60% e se compresa tra il 50% e il 30%, il 40%. In alternativa vengono elargiti ristori fino al 75% del fatturato del mese di novembre/dicembre 2019. In Italia, come sappiamo, la situazione dei ristori non è stata altrettanto efficace, calcolando gli aiuti economici solo in base al fatturato del mese di aprile 2019. Questo ha portato non poche polemiche da parte dei lavoratori danneggiati dalla crisi, vista la scelta di un mese poco redditizio in confronto ai guadagni possibili durante i periodi più remunerativi, tagliando fuori in ogni caso le attività più giovani. Nonostante tutto, i ristori coprono il 20% della perdita di fatturato, ma moltiplicato per coefficienti che distinguono le varie attività (bar 150%, ristoranti 200%).
In tutti i paesi presi in considerazione però, i tempi di erogazione degli aiuti stanno creando discussioni e disagi.

Ammortizzatori sociali e contributi previdenziali

Italia, Francia e Germania si muovono in maniera univoca con la cassa integrazione, mentre differiscono sulla previdenza sociale: la Germania infatti opta per il rimborso delle prestazioni, invece che il differimento o la sospensione.

La crisi dovuta alla pandemia quindi ha messo i governi mondiali davanti a delle scelte. Esse hanno portato a risposte più o meno efficaci e che hanno rincuorato i lavoratori o creato in loro insoddisfazione, ma a prescindere dal loro esito, non dobbiamo dimenticare che, dietro a queste scelte ci sono delle persone che prendono delle decisioni. E spesso è proprio prendere queste decisioni ad essere il compito più arduo, soprattutto quando la posta in gioco è la vita dei propri connazionali e il futuro di un paese.

Per leggere l’intera documentazione stilata dalla Fipe e approfondire il tema, potrete trovarla a questo link:

COVID-19 “SECONDA ONDATA” – SITUAZIONE DEI PUBBLICI ESERCIZI IN EUROPA

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