Quattro Generazioni per fare la Pizza di Pasqua più buona della Tuscia

Sole forte e luce di primavera accompagnano queste giornate che precedono le festività pasquali. Il solstizio di primavera sembra, fino ad ora, aver allontanato le nubi e la pioggia tanto presenti in tutto l’arco dei mesi passati. Ed è proprio in uno di questi pomeriggi in cui siamo tutti usciti senza cappotto che la mia amica Angelica mi pizzica a leggere e a fare ricerche dal pc portatile, per la ricetta e preparazione della tradizionale Pizza di Pasqua. Tutti ne parlano. Sui forum e sui siti appaiono ricette, foto da sala di posa d’ingredienti, preparazioni e risultati, commenti dei molti che provano a farla in casa, le ricetta dei maestri pasticceri della Tuscia. Angelica, montefiasconese, precisamente de li Poggeri (borgo rurale e frazione della Città di Montefiascone – Tuscia), si sente in dovere di rassicurarmi e mi dice: “… nun te preoccupà che pure quest’anno la pizza che famo a casa mia, che te piace tanto, la preparamo tra oggi e domani e te la porto su! E non te mancherà pure pe la colazione de Pasqua de Maspes e la Settimia (i miei gentitori) https://www.carlozucchetti.it/la-colazione-di-pasqua-la-coratella-de-la-settimia/.” E’ appena passata la Domenica delle Palme e questa promessa mi arriva come una seconda benedizione. Come vorrei che le parole potessero essere assaggiate! Se così fosse dalla descrizione della pizza della famiglia Ciarmatori avreste il gusto della bontà, della genuinità, di questo fungo dolce dal cappello bruno che non è altro che l’evoluzione di un pane buono in versione aromatizzata e zuccherina (non a caso somiglia molto ad un panettone).

Sono i giorni che precedono la Pasqua e a casa della Zia Marisa si riuniscono quattro generazioni di donne della Famiglia: ci sono la Rosella e l’ Angelica, madre e figlia, la nonna Felicetta e Anna, madre e figlia della Zia Marisa e Sofia e Flavia le dolcissime figlie di Anna. Sono passate da poco le sette del mattino e dal caveau culinario della più anziana si estrae la madre di tutte quante: l’antico lievito naturale, il lievito madre quello della pasta del pane. Ne prendono un Kg e in una conca lo sciolgono e lavorano con un litro di latte e un litro di acqua e un po’ di farina. Sul tavolo una serie di ingredienti, non una bilancia: l’occhio pesa.

La Rosella e la Zì Marisa
La Rosella e la Zì Marisa

Le donne si consigliano e si accordano con lo sguardo. Non un impastatore, niente di meccanico: si tirano su le maniche, si lavano le braccia e le mani forti e nodose sprofondano nell’energico sciogliere/impastare. Il riposo del lievito inizia e ci si rinnova l’appuntamento per la sera. Alle 21:00 puntuali tornano tutte a casa della Zi’ Marisa.

Ai piedi del tavolo si scorge il catino del lievito lavorato il mattino e la conca azzurra in cui si procederà all’impasto. Conto 30 uova, all’incirca 2 Kg e mezzo di zucchero, 4 limoni a cui viene grattugiata la scorza, bustine di vanillina (almeno 6/7), ad occhio direi un paio di litri di latte e una bottiglia di Olio Extra Vergine d’Oliva provenienti dalle olive di famiglia. Due boccette attirano la mia curiosità.. “queste so le gocce” . Piovono domande “so le gocce pe la Pizza sia della farmacia de Braguti che quelle de Marenghi”. Riportata indietro in un tempo che avevo dimenticato, ricordo le mie nonne dibattere sulla scelta della pozione (insieme di essenze) più appropriata da aggiungere alle loro tradizionali ricette dei dolci delle Feste. A queste donne non faresti aggiungere un grammo in più di zucchero se il loro occhio non lo contasse, ma verso le pozioni alchemiche, le cui ricette sembrano essere antichissime e assolutamente segrete, di cui nessuno può chiedere origine, provenienza e contenuto: si affidano, non fanno domande. Le usano da sempre. La famiglia Ciarmatori per non far torto a nessuno le utilizza entrambe: quelle della storica Farmacia Braguti e che quelle del droghiere Marenghi, storico alimentari/emporio del centro.

La bisnonna Felicetta con un occhio al lievito e uno alle nipotine, indirizza la figlia, la Zia Marisa e la Rosella a rompere le uova e depositarle nella conca azzurra ed impastarle con lo zucchero, avanti a cenni con il mento e con il capo vengono impastati ed aggiunti: il lievito, il latte, la farina, la scorza grattugiata, l’E.V.O. e di tanto in tanto “un po’ de gocce”.

La Zì Marisa Inizia con l'impasto
La Zì Marisa Inizia con l’impasto

L’occhio conta, porziona, le braccia impastano, si danno il turno. Il tempo passa, si pulisce e si sbarazza il tavolo. Si lascia l’impasto a riposare fino all’alba del giorno dopo.

l'impasto lasciato a riposare
l’impasto lasciato a riposare

Passata la nottata ci accoglie un cielo terso e già i testi sono pronti in tavola. Tra piccole e grandi si conta che con tale impasto verranno fatte all’incirca 15 pizze. Per Angelica è arrivato il momento di prendere lo strutto, regalo del porco de casa che ha finito la sua vita in dicembre, e ungere tutte le forme. Verranno riempite per un terzo della loro altezza e lasciate lievitare fino al dopo pranzo. La bisnonna Felicetta avverte “guardate bene l’ora, il lievito non deve passà”. Mi spiegano che la lievitazione deve avere un tempo limite preciso e che se questo passasse le pizze si ribasserebbero al centro e il risultato irrimediabilmente compromesso “la pizza è lievita se il testo s’empie e la cappella è tirata”. Tutto è pronto, arriva la parte più delicata, serve riposo, calore e umidità. Gli stampi vengono messi sul tavolo uno accanto all’altro inframezzati da piluccetti di acqua bollente che una volta coperti, con panni pesanti, assicureranno il giusto calore per la lievitazione.

Intanto le bimbe hanno fatto la loro richiesta ed ottenuto un bel regalo: la scarsella a forma di dinosauro. https://www.carlozucchetti.it/pe-pasquetta-se-rompe-la-scarsella/.

La piccola Sofia Con la Scarsella
La piccola Sofia Con la Scarsella

 

Sono arrivate le 14:00: le pizze lievitate perfettamente, il forno a legna dietro casa è pronto e vi si pone un piluccetto d’acqua per mantenere l’umidità, si spennella la testa (la bella cappella tirata) con una lucente penna di gallina “che c’hae da fa co le pennelle che perdono pure le pele!?”.

S’infornano le pizze, qualche foglio di giornale in testa perché non si abbronzino troppo. Dopo un’oretta e dieci minuti la campagna profuma tutta.

Ringrazio la famiglia Ciarmatori per avermi dato la possibilità di condividere questo rito antico di tradizione, di avermi permesso di attingere alle loro saggezze e ai loro segreti…. Ma di una cosa sono certa: le ringrazierò molto di più domani quando, durante la colazione pasquale mangerò la Pizza di Pasqua più buona della Tuscia con la mia famiglia.

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Ingredienti per 15 Pizze di Pasqua:

Per il pre-lievito

1 Kg di lievito madre

1l di latte

1 litro di acqua

Farina q.b.

L’impasto

Pre-lievito

30 uova

2 Kg ½ di zucchero

La scorza grattugiata di 4 limoni

Preparato in gocce di Marenghi e della Farmacia Braguti

E.V.O. della Tuscia almeno un litro

Farina q.b.

Vanillina 6/7 bustine

Strutto per ungere le teglie

Procedimento:

Preparare il pre-lievito la mattina e lasciare riposare fino a sera. L’impasto: lavorare energicamente dapprima le uova con lo zucchero e successivamente aggiungere il pre-lievito, di seguito inserire tutti gli ingredienti. Lasciare riposare l’impasto fino al mattino e senza lavorarlo nuovamente passare a riempire gli stampi per un terzo della loro altezza, senza dimenticare di ungerli in precedenza con lo strutto. Lasciare lievitare in un ambiente caldo per circa 6 ore, controllerete voi stessi la lievitazione che sarà terminata quando le pizze saranno cresciute. Tradizionalmente esse vengono cotte nel forno a legna per circa un’ora. La temperatura del forno è giusta quando inserendo un foglio di giornale esso si scurisce ma non brucia. Abbiate l’accortezza di spennellare la testa delle pizze con l’uovo e l’E.V.O. e appena infornate di coprirle con dei fogli di giornale o della carta da forno, per evitare che si scuriscano in testa e dentro rimangano poco cotte.961767_10203839913667352_77073361_n

La “Pizza di Pasqua della Tuscia” è stata inclusa nella lista dei prodotti agroalimentari tradizionali italiani, G.U. N° 136 del 14/06/2001 in base a D.L. N° 350 dell’8 settembre 1999.

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