Pinot Grigio all’equatore

Si parla tanto di Fuga di Cervelli dall’Italia, in questo caso si tratta piuttosto di “fuga di fornelli” poiché il protagonista è Lorenzo Zecubi, chef italiano che ha aperto il ristorante top dell’isola malesiana di Lankawi, L’Osteria. Un posto immerso nella Jungla di Sandokan, un elegantissimo locale che ostenta il tricolore in facciata. Ho incontrato Lorenzo una sera e mi ha  concesso una chiacchierata sulla sua storia.

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Lorenzo Zecubi

M. C.: Come è iniziata la tua avventura?

L. Z.: Com’è nata la mia avventura? Da ragazzino ho fatto la scuola alberghiera a Stresa a diciott’anni per l’avventura ho deciso di andare all’estero a imparare l’inglese, e cercare fortuna, purtroppo a Gallarate non c’era tanto da fare, e la fortuna l’ho trovata a Londra.

M.C.: A Londra cos’è successo?

L. Z.: A Londra quando sono andato io c’era molta più possibilità di essere apprezzati e di avere più responsabilità nei confronti di quando lavoravo in Italia e ho avuto la fortuna di lavorare come secondo cuoco in un ristorante a Portobello Road e da lì mi son messo a lavorare come un matto, il mio cuoco dopo sei mesi è andato via e mi sono trovato a 22 anni a gestire e organizzare la cucina.

M.C.: Che anni erano?

L. Z.: Era il lontano 1990 e mi trovai nel pieno della Swingin’ London, nel 1992 c’erano quattro cinque ristoranti italiani a Portobello Road.

M. C.: Ma poi come sei capitato qui?

L. Z.:  Tramite Londra. Per noi cuochi italiani all’estero è una rampa di lancio importante. Ad un certo punto mi si erano presentate delle alternative: o tornare a Gallarate o partire, dopotutto era sempre stato il mio sogno lavorare o sulle navi o in giro per il mondo, potevo andare in Spagna e in altri posti perché Londra era il punto di riferimento dove si cercavano i cuochi italiani.

M. C.: Sei arrivato a Kuala Lumpur

L. Z.: E sono arrivato a Kuala Lumpur. Kuala Lumpur nel 1997 era una bella città, in via di sviluppo, dove ho cominciato a lavorare come chef, anche lì in una via in cui andavano tutti. Ho dovuto adeguare la mia cucina mi son trovato a mettere un po’ più di peperoncino rispetto a come ero abituato a fare a Londra, mi son messo a fare un po’ meno osso buco e un po’ più pesce alla griglia.

M. C.: E  come sei arrivato qui a Langkawi?

L. Z.: A Langkawi sono venuto nel 2007 per un posto di consulente.  Siccome a Kuala Lumpur cominciavano ad esserci troppi ristoranti italiani, mentre qui si poteva far qualcosa anche con solo quatto fornelli.

M. C.: E quando hai aperto L’Osteria?

L. Z.: Dopo due anni ho aperto L’Osteria, ho visto che stavano costruendo questo posto e il proprietario delle mura era un mio cliente, mi piaceva e ho deciso di aprire.

M. C.: Quali sono i piatti importanti de L’Osteria?

L.C.: Innanzi tutto la pizza fatta con il forno a legna che siamo gli unici a fare qui, poi le solite paste ai frutti di mare e si cerca di far contenta una clientela internazionale dal malese, all’inglese, al tedesco, all’arabo, al cinese e non è facile.

M.C.: La clientela malese ha certamente dei gusti diversi dai nostri, come ti sei trovato?

L. Z.: Sì mi è capitato di cucinare cose insolite o lontane dai nostri sapori. Il curry, ad esempio, e quando ho aperto il mio ristorante ho fatto dei compromessi con il gusto locale.

 M. C.: E i vini de L’Osteria quali sono?

L. Z.: Soprattutto, sembra strano, i vini rossi, non certo quelli di struttura, per ovvi motivi di conservazione. Qui a Langkawi facciamo tanto pesce, eppure la gente preferisce il rosso al bianco che accompagna con spaghetti di pesce, chiaramente con il formaggio sopra. Si cerca di educare la clientela, ma non tutti sono disposti a cambiare.

M.C.: Un menu de L’Osteria che puoi proporre ai lettori del BLOG?

L.Z.: Come antipasto sicuramente dei gamberi alla griglia con olio extra vergine d’oliva  e succo di limone fresco, olio italiano naturalmente. Per i primi delle linguine ai frutti di mare, come secondo un pesce alla griglia o una grigliata mista. Qui c’è del brazino ottimo, allevato in mare, anche del dentice molto buono. Possiamo abbinarci del buon Pinot Grigio, che non si sbaglia mai, con l’antipasto, un Greve di Gavi, con la pasta e il branzino, e il tiramisù, fatto rigorosamente con il mascarpone, un bel  grappino.

M. C. : Progetti futuri?

L. Z.: Dato che è difficile trovare le materie prime e quelle che ci sono costano tanto, mi piacerebbe  diventare fornitore per  ristoranti e  alberghi dell’isola.  L’olio extra vergine  di oliva buono e non quello colorato di verde per l’esportazione, la pasta buona,  vini magari più particolari e non quelli della grande distribuzione. Riuscire insomma a far conoscere qualcosa di più dell’immenso patrimonio enogastronomico italiano.

M. C.: Un consiglio per i colleghi italiani?

L. Z.: Buttatevi, buttatevi nell’avventura perché c’è da guadagnare in qualità di vita e denaro, poi per tornare siete sempre in tempo.

Lorenzo Zecubi saluta con un sorriso che dipinge il suo volto abbronzato dal sole equatoriale e si rimette al lavoro insieme a suo nipote Andrea, che lo affianca da due anni alle prese con il personale malese che va e che viene, ma che sotto la loro direzione sembra aver compreso la qualità della cucina italiana.

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