Visitando ad Odense, in Danimarca, il museo dedicato ad Hans Christian Andersen ci si può imbattere nel piccolo disegno in cui è raffigurata l’inconfondibile sagoma del borgo medievale di Ronciglione. Per spiegare l’origine di questo disegno bisogna sapere che lo scrittore reso famoso da “La Sirenetta” e dalle sue tante altre favole era uno dei tanti viaggiatori che agli inizi dell’Ottocento percorrevano l’Italia e l’Europa, innamorato come tutti i Romantici delle nostre rovine, dei nostri chiari di luna e delle nostre maschere.
Il primo dei suoi ventinove viaggi Andersen lo compie in Italia, sulle orme di Goethe, tra 1833 e il 1834. Da questa prima permanenza nel paese dove tutto è una pittura lo scrittore danese ricavò innumerevoli suggerimenti di cui ha lasciato testimonianza, oltre che negli appunti e nelle lettere, anche in scarabocchi (cosi li chiamava lui stesso) eseguiti su fogli di carta comune che teneva in tasca ripiegati in quattro: disegni fatti di poche linee essenziali della matita illuminate poi a casa con la penna. Nel corso dei suoi innumerevoli viaggi, Andersen ne ha realizzati 250 dei quali è possibile apprezzare proprio una certa abilità nel cogliere i tratti che denotano un paesaggio (la campagna romana, quella gli angoli di Napoli etc). Ed è questa una qualità che pone questi disegni al di fuori del gusto figurativo dei pittori dell’epoca.
Quella di Ronciglione per il giovane studente venuto dalla Danimarca è solamente una tappa di pernottamento sulla strada di ritorno da Roma verso Venezia. Arriva il primo giorno di Aprile del 1834 e trova alloggio in una delle varie locande che testimoniavano l’importanza della stazione di posta posizionata dopo il temuto attraversamento della “montagna”. Il mattino seguente si sveglierà ventinovenne: infatti, a Ronciglione “festeggia” il suo compleanno e lo fa, scrive con ironia lui stesso, con una tazza di caffè e un semplice pezzo di pane. Si tratta dunque di una brevissima permanenza, pur tuttavia lo deve colpire in qualche modo lo scorcio più caratteristico del nostro paese, visto che decide di riportarne in patria l’immagine. Poche, invece, le osservazioni scritte (ci manca però una traduzione completa degli appunti e delle lettere) su questo passaggio a Ronciglione. Ma forse l’abbiamo scampata bella, conoscendo l’occhio critico di Andersen di fronte ai sudici paesini italiani. Negli appunti del suo secondo viaggio italiano nel 1840-41 ne risultano vittime, tra le altre, la lugubre Civitacastellana e l’angusta Nepi. Quest’ultima, un paese che può vantarsi di aver raggiunto la più alta vetta del sudiciume e del disfacimento, con i palazzi che sembrano abbandonati ai topi e ai pipistrelli, aveva comunque trovato posto anche nel romanzo d’esordio di Andersen, il quasi autobiografico “L’împrovvisatore”, scritto durante il primo viaggio.
Poche le note scritte da Andersen il 2 aprile del 1834, al momento della partenza da Ronciglione; sono delle osservazioni, per cosi dire, meteorologiche: “Dopo la partenza la tempesta, più violenta, i monti erano bianchi di neve e il freddo penetrava nel midollo. Superata Viterbo il paesaggio si fece sempre più desertico…“.
Sarà Montefiascone la tappa successiva, ed anche per essa l’onore di uno ”scarabocchio”.