I Latterini del lago di Bolsena: fritti e “passati pe’ l’occhio”

Non è stata colpa dell’insonnia se nelle prime ore di un sabato mattina di fine maggio ho scelto di fare una lunga passeggiata sul Lungolago di Montefiascone. Il Lago di Bolsena, nato dal crollo dell’apparato vulcanico Vulsinio, nelle giornate migliori appare di un blu meraviglioso, nelle peggiori specchia ogni colore del cielo, e non finisce mai di essere meraviglioso. Camminare, correre, passeggiare, prendere il sole, fare il bagno, pescare, mangiarne i pesci è un puro godimento.  Parcheggio l’auto e due pioppi mi danno la “scusa” per la prima foto, sembrano fare da cornice ad una barca che lenta passa a ritirare le reti dei latterini. panorama con barca di pescatoriMi giro a guardare il chiosco alle mie spalle e vedo Claudio intento ad osservare la stessa immagine. Prendiamo un caffè ed è quello il solo istante in cui stacchiamo gli occhi dall’enorme distesa d’acqua che ci strega di bellezza e pace “anche se” e “soprattutto perché” lo asserviamo, lo viviamo da anni: siamo gente di lago. La collina su cui poggia Montefiascone ci dà solo il pretesto di osservarlo dall’alto. Saluto Claudio e inizio a camminare in direzione della cittadina di Marta. Mi immergo nei profumi della vegetazione, tanto sambuco e ginestra e ascolto la voce dell’acqua che è quasi immobile e sembra un sospiro. Scorgo una barca ed un pescatore sulla spiaggia. L'isola martana e la barca di MarioScendo le scalette del Muretto e lo vedo intendo a ripulire la rete e a bagnare i latterini appena pescati. Mi avvicino, scatto foto, mi presento. Mario, questo è il nome del pescatore, è un uomo gentile, mi guarda con i suoi grandi occhi blu, ci capiamo al volo, siamo due innamorati del nostro lago. Bastano poche domande ed ecco che mi racconta la sua storia. Non gliel’ho detto ma ad ascoltarlo era come sentire una storia d’amore. Sistemando i latterini argento brillante, Mario parla del suo lavoro da militare e di un suo vecchio amore di gioventù, “era una bella donna ricca di Milano, quella è una bella città, ma io sono voluto tornare qui perché il Lago è come una droga, senza non potevo vivere felice” […] “Eccomi qua, ho la pensione da militare, non mi manca niente, ma rinnovo la mia licenza da pescatore ogni anno. Sul lago ci devo venire ogni giorno, non importa l’ora, il tempo. Sono di Marta e prima di me pescavano mio padre e mio nonno”. Nell’ ascoltarlo, provo un’emozione forte, questo senso d’appartenenza lo comprendo, lo sento anche dentro di me, nelle viscere nelle ossa. Si passa una mano sulla fronte è preoccupato per il futuro del Lago, per la professione di pescatore, della quale dice che ormai non può chiamarsi più tale “perché non ci si campa più. A Marta c’è un bellissimo incubatoio ittico che se funzionasse a pieno regime permetterebbe il ripopolamento dei pesci, in particolar modo del coregone, e la pesca sarebbe molto più fruttuosa ed abbondante”. Pare che oggi il taglio ai finanziamenti, ai fondi ne abbiano ridotto drasticamente l’utilizzo, creando un danno forte. “I giovani oggi non hanno lavoro, pensa a quanti il Lago potrebbe darne! Oggi i pescatori di professione sono rimasti pochi, ci sono ma molti hanno anche altre entrate”. Guardo il suo pescato, i latterini sono bellissimi ma in effetti poco abbondanti, Mario mi conferma che il ricavato basterà quasi solo a coprire le spese del carburante utilizzato per gli spostamenti della sua barca.

Condivido con lui il pensiero che quest’enorme, bellissima distesa d’acqua potrebbe essere una grandiosa risorsa economica e turistica, della quale però troppo speso istituzioni e fruitori si dimenticano. Quasi colpevoli di fronte a tanta bellezza di esserci fatti prendere da disagio e preoccupazione, ci scopriamo entrambi a toccare l’acqua limpida e fredda e torniamo a sorridere per il nostro amore condiviso. Ci salutiamo con la speranza d’incontraci presto. Continuo la passeggiata e mi ritrovo accaldata nel Borgo dei Pescatori proprio a Marta. Una papera si pulisce il becco tra le reti . Una donna è intenta alla pulizia di una barca.

I ristoranti intorno preparano le cucine per il pranzo e mi arriva l’odore dell’olio che tra poco friggerà i latterini lucenti come quelli di Mario. Ne sento quasi il sapore in bocca. Riprendo la strada bianca che costeggia il Lago e ad ogni passo mi prometto di arrivare a casa e dedicare la mia  Ricetta con la Toque, proprio al pesciolino d’argento.

I Latterini Fritti del Lago di Bolsena

Latterini fritti

 

 

 

 

 

 

Ingredienti:

Latterini del Lago di Bolsena

Farina

Olio E.V.O. della Tuscia

Carta assorbente

Sale

Preparazione:

Lavare ed asciugare i latterini. Riscaldare in un padella l’olio E.V.O. della Tuscia; infarinare i latterini e friggerli nell ’olio bollente. Una volta dorati estrarre dall’ olio facendo attenzione a scolarli bene. Adagiare su carta da frittura e salare. La frittura di latterini va servita ben calda.

VarianteI Latterini del Lago di Bolsena “passati pe’ l’occhio”

Preparazione:

Una variante può essere lo spiedino di Latterino. Infilzare i Latterini, passandoli per gli occhi, in uno stecco di legno fino e cuocere direttamente sulla brace. Preparare a parte un intingolo con Olio E.V.O. della Tuscia, sale e pepe e prezzemolo con cui spennellare i pesciolini durante la cottura.

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