L’arte-rito vien mangiando

L’arte – rito vien mangiando

 

Bangkok è una città dove si mangia per strada, in verità, si mangia dappertutto anche sui battelli del floating market, in cima ai grattaceli, sembra che i suoi abitanti vivano poco in casa. Seduti, tailandesi e turisti si mischiano e gustano zuppe, polli arrostiti in salse speziate, riso chiaramente e spaghetti di soia grossi e fini a piacimento. La città poi, di notte, non si ferma sembra un gigante dai piedi fumanti e con in testa cappelli di insegne a neon che illuminano il cielo di un bagliore futurista, sotto le macchine e i tuc tuc contribuiscono a rinnovare ogni giorno lo smog urbano la cui fama è seconda solo a quello cinese. A Bang Lapur si mangia per strada una buonissima Tom Yam soup, piccantissima per i palati occidentali ma pur sempre la migliore medicina per i problemi di stomaco, verso il centro, tra lo sfarzo tecnologico dei grandi centri commerciali, si può assaggiare di tutto, dagli insetti fritti alle più ragionevoli verdure al vapore, o il pesce insomma dovunque si può sentire il profumo unico della cucina orientale che diventa, a lungo andare, un confortante compagno garante della soddisfazione della fame. Da questo mondo dove il cibo è un convegno sociale viene l’artista Rirkrit Tiravanija (1961) che sebbene sia nato in Argentina a Benos Aires è cresciuto in Tailandia oltre che in alte parti del mondo. Rirkrit Tiravanija è in assoluto l’artista che incarna l’estetica relazionale teorizzata e promossa il critico e curatore di mostre Nicolas Bourriaud negli anni Novanta del secolo scorso. Tiravanija si fa conoscere al pubblico italiano alla Biennale di Venezia del 1993 quando su una barca cucina il brodo per il pubblico che così completava l’opera secondo il principio di convivialità auspicato da Baurriaud per l’arte relazionale. In effetti, il critico francese individuava nell’arte una funzione ritrovo che parte dall’invito alla performance culinaria e si completa con l’atto collettivo di magiare il pasto di questo artista dal nome che suona come un frinire di cicale, Rirkrit. Di sicuro la zuppa finisce per essere la materia di scambio di gusto, il fulcro di interpretazioni e rapporti umani, oggetto concreto che si presta alla decodifica di un linguaggio e, inevitabilmente, ingrediente essenziale per un rito che celebra, mangiando, l’arte. L’aura di questa arte sarebbe, quindi, il pubblico che, oltre a partecipare, costruisce l’azione messa in moto dall’artista facendo scaturire dal fatto ordinario del cibarsi il modo straordinario di farlo per via dell’artista cuoco.  Rirkrit cerca nelle relazioni interpersonali il materiale per “scolpire” la sua opera sociale che, però, rimane ferma alla sua rappresentazione senza raccogliere dati comportamentali e testimonianze esperienziali sì da trarne conclusioni sociologiche. Il riscontro dell’opera, è nell’insistenza materiale degli oggetti nel momento del loro uso, Tiravanija cerca, infatti, di far coincidere convivialità ed esposizione, banchetto e mostra, poiché l’arte – rito vien mangiando.

Foto tratta da www.edictica.blogspot.com

Ti piace questo articolo?

Condividilo su Facebook
Condividilo su Twitter
Condividilo su Linkdin
Condividilo su Whatsapp


Spazio disponibile

Per la tua pubblicità in questo spazio contatta advertising@carlozucchetti.it

Ultimi articoli


Spazio disponibile

Per la tua pubblicità in questo spazio contatta advertising@carlozucchetti.it

Iscriviti alla Newsletter di Carlo Zucchetti