La Garganega e i suoi custodi

Un incontro con Oscar Farinetti all’apertura di Eataly Verona

 

“Nelle tradizionali zone viticole della provincia di Verona si possono trovare ancora ceppi di vecchie varietà autoctone, alcune piuttosto interessanti, la cui coltivazione, salvo rarissime eccezioni, è andata pian piano scomparendo sostituita da quella di altri vitigni quali le ormai tipiche varietà della Valpolicella, Bardolino e Soave … Si tratta di un patrimonio genetico molto interessante che è importante venga conservato, e anche valorizzato, a convenienza enologica ed economica dimostrata.

Da sx Aldo Lorenzoni, Alberto Coffele, Luigino Bertolazzi, Sandro Gini

Purtroppo di questi vitigni si trovano quasi sempre popolazioni molto limitate, eterogenee e qualche volta degenerate, da molto tempo abbandonate e non sottoposte ad un minimo di selezione”.
Queste sono le prime riflessioni che troviamo nelle note introduttive della pubblicazione dedicata ai “Vecchi Vitigni Veronesi” curata da Umberto Angelini, Angelo Costacurta e Severina Cancellier e pubblicata nel 1980 nella Rivista di Viticoltura Enologia di Conegliano, che rappresenta, ancora oggi, la migliore sintesi del lavoro fatto da Enti ed Istituzioni in quegli anni sul fronte della identificazione e tutela dei vitigni storici veronesi. Un lavoro dal quale non si può prescindere per raccontare il percorso fatto in questa direzione nel territorio veronese. Se volessimo, infatti, in qualche modo rappresentare l’attuale identità varietale veronese possiamo pensare a quattro aree piuttosto definite, anche se ricche di sfumature.
Partendo da est i Lessini e le valli vulcaniche del Soave accolgono circa 10.000 ettari di vigneto tra Garganega, Trebbiano di Soave e Durella, se ci spostiamo verso ovest le valli della Valpolicella con Corvina, Corvinone, Rondinella e Molinara esprimono altrettanti ettari.
L’areale gardesano con le D.O.C. Bardolino e Custoza fanno idealmente sintesi di questo equilibrio tra varietà a bacca bianca e rossa che da sempre caratterizza questa provincia.
Nella zona pianeggiante sono invece i vitigni cosiddetti internazionali a fare la parte del leone con Pinot Grigio, Chardonnay, Merlot e Cabernet con l’inserimento negli ultimi anni di tutte le varietà autorizzate per quanto riguarda i vitigni resistenti.
Queste alcune delle riflessioni che hanno animato il nostro incontro con Oscar Farinetti, patron e fondatore di Eataly, nel nuovo e suggestivo punto vendita recentemente aperto a Verona in occasione di una innovativa edizione di Soave Seven organizzata dalla Strada del Vino del Soave.
Un’occasione non solo per sottolineare la grande biodiversità viticola di Verona, ma anche per approfondire e conoscere meglio la Garganega, qui declinata dai produttori presenti nelle sue migliori espressioni in identità e longevità. Un momento speciale per ricordare con Chiara Coffele, vice presidente della Strada, il ruolo storico avuto dal papà Giuseppe nella sua lungimirante azione di custode e sperimentatore di questo storico vitigno.

Ermanno Murari

“La Garganega è sicuramente una varietà di antichissima coltivazione”, ci racconta l’agronomo Ermanno Murari, ideatore e sostenitore con Tiziano Castagnedi, di Tenuta San’Antonio, della manifestazione, anche se non si conoscono con certezza le sue origini. L’esatta identificazione di questo vitigno e la ricostruzione del suo percorso genetico ha impegnato intensamente gli ampelografi più qualificati fin dall’800. I numerosi biotipi identificati hanno generato nel corso del tempo una serie di importanti confronti a livello scientifico.
Solo recentemente, analizzando con le più moderne tecniche d’indagine il patrimonio genetico di questo vitigno, si è definito con più certezza origine e grado di parentela con altri vitigni storici italiani.
Di certo c’è che, dopo aver condiviso con il Trebbiano di Soave, nella prima parte del Novecento, i vigneti dell’area collinare del Soave proprio per le sue caratteristiche di resistenza alle crittogame e la sua regolarità produttiva, la Garganega ha via via attirato sempre più l’attenzione dei viticoltori diventando oggi quasi l’assoluta protagonista del vigneto Soave.
Dal confronto con i dati di archivio del database molecolare di Conegliano, sono emerse delle importanti relazioni di parentela di primo grado con tanti vitigni storici come il Trebbiano toscano alias Ugni Blanc, il Catarratto, il Frappato, la Marzemina Bianca, la Dorona, il Grecanico e tanti altri, certificando il ruolo giocato in Italia dalla Garganega nell’evoluzione della piattaforma ampelografica nazionale”.

Daniele Accordini

“Per la verità, conclude Daniele Accordini direttore di Cantina di Negrar, questa provincia è stata oggetto nel tempo di una serie di azioni di ricerca sul fronte della biodiversità viticola, sostenute anche da Cantine sociali e da aziende che hanno messo in evidenza alcuni vitigni storici a rischio consentendone, con la creazione di campi catalogo e con accurate vinificazioni, la loro salvaguardia.
Così accanto ai vitigni Veronesi storici come la Garganega possiamo oggi considerare l’Oseleta, la Forselina, lo Spigamonti, l’Elmo, la Dindarella, la Quaiara ed altri come vitigni identitari da ascrivere al patrimonio ampelografico di questa provincia. Vitigni di cui Cantina di Negrar si è fatta custode nel campo di confronto in località Jago”. Che G.R.A.S.P.O. conosce bene… ma questo sarà un altro viaggio…

Il viaggio continua…
Foto di Gianmarco Guarise
graspo@carlozucchetti.it

Grazie a Francesco Turri e a www.egnews.it per averci dato la possibilità di ri/pubblicare i loro articoli

Ti piace questo articolo?

Condividilo su Facebook
Condividilo su Twitter
Condividilo su Linkdin
Condividilo su Whatsapp

Iscriviti alla Newsletter di Carlo Zucchetti