Graspo: Il nostro Paese vanta un immenso patrimonio ampelografico

Effettuate 150 analisi del Dna e decine di microvinificazioni

 

Sono alcune delle centinaia di varietà d’uva dell’immenso patrimonio ampelografico del Bel Paese destinate all’estinzione e che un’equipe di appassionati ha individuato percorrendo la Penisola dal Trentino Alto Adige alla Sicilia, dalla Valle d’Aosta alla Sardegna.
Ne abbiamo parlato in occasione della presentazione a Vinitaly del volume sulla biodiversità viticola realizzato dall’associazione Graspo (Gruppo di Ricerca Ampelografica per la Salvaguardia e la Preservazione dell’Originalità e della Biodiversità viticola).
Un’associazione senza finalità di lucro fondata da Aldo Lorenzoni (ex direttore del Consorzio del Soave) e dagli enologi Luigino Bertolazzi e Giuseppe Carcereri de Prati con il supporto del fotoreporter Gianmarco Guarise. Un poker di appassionati che ha potuto contare sulla preziosa collaborazione di docenti universitari, di Centri di Ricerca e del Ministero dell’Università con il supporto dei Consorzi dei Colli Berici e dei Colli Euganei.

L’opera di questo gruppo di ricercatori è riassunta in un monumentale volume che parla di Biodiversità Viticola con riferimento, in particolare, ai custodi di questa biodiversità. Una sfida lanciata con lo scopo di trovare per ogni vitigno abbandonato e a rischio d’estinzione un’azienda che di questo vitigno ne diventasse il nume tutelare.
Un progetto di valorizzazione del patrimonio vitivinicolo italiano raccontato attraverso la storia del territorio, del vitigno e le testimonianze delle aziende nella convinzione che la biodiversità può essere una risorsa importante per il futuro della viticoltura, sia in chiave di cambiamento climatico sia per una migliore diversificazione dei vini anche in chiave commerciale.

Se le Istituzioni preposte e i Centri di Ricerca sono attualmente molto impegnati sul fronte dei vitigni resistenti (Piwi), l’associazione Graspo sta verificando con rilievi sul campo e microvinificazioni le peculiari caratteristiche dei vitigni considerati perduti per verificarne le potenzialità, sia in purezza che come supporto ai vitigni storici. Il lavoro prevede una puntuale ricerca bibliografica, una validazione prima ampelografica e poi anche genetica delle varietà, lo studio del territorio su cui sono state reperite, l’identificazione dei produttori custodi, il costante e puntuale monitoraggio fenologico, una sintetica descrizione ampelografica e, a seguire, tutte le operazioni di raccolta, di vinificazione, di analisi e di imbottigliamento. Per le varietà più interessanti sono state anche prelevate le marze per poter così analizzare, nel prossimo futuro, il loro comportamento nei diversi areali.

Tutto questo lavoro, vi chiederete, con quali risultati. Bene, l’Associazione Graspo, dopo aver percorso oltre 50 mila chilometri lungo la Penisola ed aver effettuato 150 analisi complessive del Dna e 62 microvinificazioni da vitigni seriamente a rischio di estinzione, è riuscita a ottenere dei vini, a detta degli assaggiatori, non solo interessanti, ma – sorpresa – anche buoni. Ora questo lungo lavoro cerca dei custodi, cioè dei vignaioli che si mettano in gioco, rendendosi disponibili a piantare queste varietà e a sperimentarle in cantina.
«Siamo così sicuri che quel che stiamo perdendo non abbia un valore e possa in futuro rivelarsi utile, anche in relazione al cambiamento climatico?» si chiede Aldo Lorenzoni, raccontando la nascita dell’associazione.
«Si tratta di vitigni un tempo considerati troppo acidi o tannici, che oggi possono dare vini piacevoli, esattamente nel posto dove già sono coltivate le vigne, senza dover andare a piantare le viti in zone, ad esempio, più alte o più fredde».

Foto di Gianmarco Guarise  

graspo@carlozucchetti.it

Grazie a Francesco Turri e a www.egnews.it per averci dato la possibilità di ri/pubblicare i loro articoli

 

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