In giro per il mondo: la cucina nonya

Quando Michelangelo stava completando la volta della Cappella Sistina e Sebastiano del Piombo giungeva a Roma al seguito di Agostino Chigi, i Portoghesi si stabilirono a Malacca dove fondarono uno dei vicereami più proficui delle Indie Orientali. In questo periodo, che si può definire la preistoria della Globalizzazione, l’età dell’oro del Rinascimento, nelle colonie il regno di Spagna si impone a colpi di cannone, achibugi e moschetti sul già vacillante sultanato e innalza bastioni e chiese che oggi emergono dal traffico inconsapevole della città come forme aliene e trattengono sotto scialbi impietosi di calce una storia per alcuni familiare. La pietra ci fa immaginare il fortilizio rinascimentale per intero, fatto di punte protese sul mare, come a Civitavecchia, irto di bocche da fuoco, una città in cui si difendeva il commercio e la cristianità ma anche tutte quelle etnie che si andavano mischiando come una minestra, come una salsa.  18270La Cucina Nonya nasce qui ed è di fatto un’alterazione della cucina cinese tradizionale, in cui si inserisce il maiale e le salse, l’albume dell’uovo, che lega il filetto di pesce cotto nelle foglie di palma, al vapore con aglio e curry l’ Otak otak. La cucina Nonya è una vecchia signora dal passato incerto per i tanti amori, per i tanti figli di razze strampalate, che non si alza altezzosa al di sopra del gusto perché tutti i gusti comprende, in armonia. Una cucina che testimonia la mistura di razze, compresa quella europea che pare l’unica traccia dell’antico, in un mondo che cambia e dimentica, e sostituisce di continuo. Rimane così, almeno nella fantasia del viaggiatore, un sapore più lieve e meno aggressivo del cibo del sud est asiatico, quasi creolo, che parla, se pur da lontano, il  latino del rinascimento coloniale. Pollo e maiale si fondono infatti  a sapide salse e i peperoncini ripieni di pesce e conditi con aceto spiccano nella forma e nel gusto dagli inabissamenti del candido riso che si può gustare in perfette sfere, forse i proiettili con cui i cinesi rispondevano alle bordate Portoghesi. Chissà ma questa è una storia che rimane sommersa dalle frotte di turisti in infradito, che ingurgitano un po’ tutto, forse troppo, e troppo dimenticano i sapori di casa.

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