Alla scoperta della Puglia del Salice Salentino D.o.P. con il Consorzio

All’interno del vasto territorio pugliese una piccola area composta da sette villaggi è riunita dal 1976 come Doc Salice Salentino.
Al centro si trova l’omonimo paese con i suoi 8000 abitanti. Ci troviamo tra Brindisi e Lecce, a cavallo tra due mari, dove il sole è simbolo ed i venti soffiano costanti. Proprio quelle brezze marine che asciugano le vigne garantendo uve sane e semplificando le politiche dei trattamenti verso un biologico sempre più popolare anche come certificazione. I suoli, frutto di sedimentazioni marine, sono stratificati e anche se eterogenei mantengono prevalentemente quella natura calcareo-argillosa dal tipico colore rossastro. La vinificazione qui ha una tradizione millenaria che trova nel vitigno Negroamaro il suo protagonista principale. Rispetto al suo cugino acquisito, il Primitivo, la presenza del Negroamaro in terra pugliese è molto più antica e le origini ben più lontane dal versante balcanico da cui proviene il Primitivo. Il Negramaro si presenta come unicum, vista la grande adattabilità del vitigno a questo territorio in maniera praticamente esclusiva. L’uso delle sue uve da sempre ha favorito la produzione del rosato che vede la sua nascita come vino imbottigliato proprio nel 1943 ma che da sempre veniva apprezzato dai locali per la facilità di beva soprattutto nel periodo estivo, è strano sentire i racconti dei produttori che ricordano come i propri padri o nonni esaltavano la produzione di vini rosati relegando in secondo piano i rossi.

Da queste parti quindi si tratta di una vera tradizione e non di una semplice moda legata al momento, e se in passato si riteneva fosse di scarso interesse la produzione di vini bianchi oggi è importante sottolineare l’attenzione rivolta ad essi con sperimentazioni che interessano soprattutto vitigni autoctoni come il Bianco di Alessano, il Fiano Minutolo, la Verdeca, mantenendo così il filo narrativo del territorio ed ampliandone la scelta.

Per la Doc Salice Salentino la produzione agricola si mantiene sopra i 1600 ha totali coltivati ed il disciplinare prevede una produzione massima di 120 qa per ettaro ma ad oggi tra le 42 aziende che producono Salice Salentino le rese sono sempre comprese tra i 100 e i 70 qa. Al tradizionale alberello, una coltivazione che non ha solo un valore storico ma che permette un tipo di lavoro più razionale visto che la pianta tende a regolare la sua produzione in termini di frutti in maniera autonoma, si è affiancato il più moderno cordone speronato facilmente automatizzabile tramite strumenti agricoli.

Il Negroamaro e la Malvasia Nera, nata dall’innesto della varietà Negro Dolce con la Malvasia Bianca, storicamente erano coltivate insieme con i filari che si alternavano in proporzioni precise: una pratica quella dell’uvaggio in vigna a sottolineare una conoscenza acquisita nell’esperienza che andava ad unire nel prodotto finale l’apporto aromatico della Malvasia nera alla struttura del Negroamaro. Le percentuali di Negroamaro sono oggetto di studio e con buona probabilità nei prossimi mesi il consorzio tenderà ad aumentare questa percentuale per caratterizzare maggiormente la produzione.

 

Il press tour organizzato dal Consorzio nelle scorse settimane, ci ha portato alla scoperta di alcune interessanti realtà di zona. Nel senso generale è evidente come tutte le aziende siano ottimamente organizzate, con idee chiare e la voglia di investire sul proprio futuro. Spesso i titolari storici si affiancano con soddisfazione alle nuove generazioni nella gestione aziendale. La voglia di innovazione tecnologica e gli investimenti fatti sono sempre orgogliosamente raccontati ma al contempo nessuno nasconde le proprie umili origini. Ancora oggi gli occhi più attenti noteranno la presenza di alcune cisterne lungo i binari del treno vicino qualche stazione: punto di partenza di quel vino che senza nome andava a dare struttura ai grandi vini prodotti in mezza Europa. Nelle aziende poi le vecchie cisterne in cemento interrate sono state tutte riadattate per creare depositi di affinamento o suggestive sale dove ospitare le degustazioni ed il vino prodotto mantiene questa dualità: ancora è molto diffuso l’uso di andare in azienda a comprare lo sfuso, specie nelle cooperative. Sfuso che mantiene un ruolo culturale democratico permettendo a tutti di bere con dignità e qualità. Al contempo si cerca di creare alternative uniche che valorizzino il territorio agli occhi dei turisti soprattutto stranieri.

Una duegiorni di grande spessore culturale che ci ha portato a conoscere in maniera più verace le aziende del Consorzio del Salice Salentino, ed i nostri ringraziamenti vanno a loro per la grande ospitalità dimostrata, alle aziende che ci hanno ospitato, Apollonio, Leone de Castris, Cooperativa Vecchia Torre, Cantina Moros, Cantele e Cooperativa San Donaci. Su tutto però permetteteci di ringraziare il Consorzio nella figura del suo presidente Damiano Reale e di Federico Chimenti, che da tempo si spendono con l’obiettivo di traghettare una realtà come quella del Salice Salentino verso successi sempre maggiori.

Grazie al nostro collaboratore Matteo Zelinotti

Consorzio Salice Salentino D.o.P.

 

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