La granita alla mora nera di gelso e la brioches catanese col tuppo

Contro ogni saggezza popolare che ci insegna: di venere e di marte (di venerdì e di martedì), non si viene e non si parte e non si dà avvio all’arte, atterriamo a Catania in Sicilia in un assolato venerdì pomeriggio di fine agosto. Il viaggio dal continente è stato breve, questa terra calda ci accoglie, l’Etna ci aspetta. Saliamo dall’autostrada verso Zafferana Etnea e ci avviciniamo alla città di Milo, la nostra meta, la tappa siciliana di Volcanic Wines Etna 2015 – ViniMilo. All’arrivo, sulla piazza panoramica del paese, dove si gode la vista della costa catanese, ci sediamo e decidiamo di rifocillarci con la granita e la brioches col tuppo.la brioches col tuppo

Oltre a quella alla mandorla, altra grande chicca della pasticceria siciliana è la granita di gelsi, non si può venire in Sicilia e non assaggiarla.

Le more di gelso nero, frutti caratterizzati da un sapore estremamente dolce sono reperibili nel periodo che va da fine maggio a luglio. Ideali alla preparazione di questa granita. Ottima per merenda, costituisce la colazione estiva tipica dei siciliani, va gustata rigorosamente con la brioche con il tuppo, per i più golosi con uno strato di panna montata in superficie.

La ricetta della granita alla mora nera di gelso:

Ingredienti

1 kg di gelsi neri

1 limone

200 gr di zucchero

Preparazione

Lavare delicatamente i gelsi, asciugarli con attenzione e passarli nel passaverdure. Ricavarne il succo e la polpa. Spremere un limone, filtrarne il succo e unirlo alla polpa dei gelsi. Versare mezzo litro di acqua in una pentola capiente, unire lo zucchero e portare a bollore mantenendo la fiamma bassa. Fare raffreddare lo sciroppo ottenuto e unirlo alla polpa di gelsi. Mescolare bene e trasferire in freezer per circa 30 minuti. Trascorso questo tempo, togliere dal congelatore e mescolare energicamente in modo da rompere i cristalli di ghiaccio. Ripetere l’operazione ogni 30 minuti fino a quando la granita non avrà raggiunto la consistenza desiderata

La ricetta delle Brioches catanese con il tuppo

Le brioches catanesi con il tuppo sono una specialità da consumarsi calde durante la prima colazione, o da accompagnare alla granita ogni volta che si desidera un dolce e fresco “spezzafame”. Composte da miele, farina e zucchero il periodo ideale per la consumazione è l’estate.

Ingredientigelso granita

250 g Farina Manitoba

250 g Farina 00

75 g Zucchero

75 g Burro

10 g Sale

8 g Lievito di birra

175 g Latte freddo intero

1 cucchiaino Miele

2 uova

1 cucchiaino di scorza Arancia

Preparazione

Sistemare in una ciotola la farina, il miele, e il lievito di birra sciolto con una parte di latte. Iniziare a lavorare l’impasto aggiungendo le uova una alla volta. Impastare tutti gli ingredienti con un frullatore per almeno 20/25 minuti, aggiungendo poco alla volta il latte freddo e il sale che avremo sciolto in una piccola parte di latte, a questo punto iniziare ad aggiungere il burro freddo e procediamo a velocità bassissima, l’impasto dovrà staccarsi dalle pareti totalmente. Capovolgere spesso l’impasto, staccandolo dal gancio dell’impastatrice e continuando ad amalgamare ed impastare. L’impasto dovrà presentarsi molto elastico, sarà pronto quando tirandolo tra le dita si formerà un velo senza strapparsi.

Quindi mettere l’impasto a lievitare coperto. Se si vogliono prepararle in giornata lasciare che la pasta triplichi il suo volume iniziale e quindi lasciarlo in lievitazione a circa 28°. Se invece abbiamo un tempo più lungo d’attesa desideriamo, porre in frigorifero con tutto il contenitore dell’impasto, coprendo con della pellicola fino al mattino seguente. Al termine capovolgere l’impasto sul tavolo di lavoro infarinato, lasciarlo a temperatura ambiente per un’ora senza lavorarlo, poi arrotolarlo appena porzionando la pasta realizzando delle omogenee pallette e inserendo una pallina più piccola sulla sommità. Rimettere a lievitare ad una temperatura max di 28° fino al raddoppio delle brioches, poi spennellare con un tuorlo e un pò di latte e infornare a 190° per circa 25 minuti.

Curiosità sulla pianta del gelso

Il gelso è una di quelle piante da frutto che nei tempi passati rappresentavano una risorsa insostituibile e che invece ai giorni nostri hanno perso interesse. Oggi è quasi del tutto dimenticata e di gelsi ne rimangono soltanto pochi vetusti esemplari emblema di un tempo che più non è.

Tuttavia è un peccato che la coltivazione del gelso non sia più praticata perché questa pianta da frutta possiede numerose virtù che vale la pena riscoprire.

Vi sono numerosi tipi di gelsi, se ne contano una quindicina in tutto, ma la coltivazione del gelso si è concentrata soprattutto su due tipi: il gelso nero e il gelso bianco.

Quello bianco, meno dolce, fu importato dalla Cina nel continente Europeo alla fine del 1400 quando si diffuse l’allevamento del baco da seta.

Il gelso nero, coltivato per la sua frutta zuccherina, è conosciuto in Europa da prima dell’epoca romana. Originario dell’Asia Minore, più precisamente delle zone montuose della Mesopotamia, dove ancora oggi si possono trovare esemplari selvatici.

Le proprietà del gelsomore di gelso

Il gelso nero era conosciuto in Europa sia dai greci che dai romani e veniva coltivato non solo per la sua frutta ma anche come pianta officinale. Lo scienziato romano Plinio raccomandava i suoi frutti che insieme a miele, zafferano e mirra, formavano una mistura efficace per combattere il mal di gola e i disturbi di stomaco, o anche che i frutti acerbi del gelso nero, portati addosso, arrestavano le emorragie

Nel Medioevo il gelso nero fu tenuto in grande considerazione ed era incluso nella lista di piante utili che il re Carlo Magno aveva fatto stilare.

Notizie delle proprietà medicamentose del gelso si trovano anche nella medicina tradizionale cinese, dove viene considerato epatoprotettore, rinforzante delle cartilagini, diuretico e normalizzatore della pressione sanguigna.

La mora del gelso nero non solo veniva mangiata fresca ma era trasformata in confetture. Con il liquido prodotto e fatto fermentare se ne faceva una bevanda simile al vino, si producevano con i suoi frutti dei liquori e uno sciroppo dal gusto acidulo molto dissetante.

Le foglie di questa pianta servirono anche per nutrire i bachi da seta che non le gradivano molto preferendo le foglie di un altro tipo di gelso, quello bianco ed è per questo motivo che in Europa iniziò la coltivazione del gelso bianco.

Quest’ultimo era poco usato come pianta da frutto per via del sapore dolciastro, tendente all’acidulo, dei suoi frutti.  Veniva considerati lassativo e antibatterico contro il batterio coinvolto nella carie dentale.

I gelsi contengono un alto quantitativo di ferro, circa 185 mg per 100 gr di frutti; una cosa assai rara tra i frutti di bosco, e pochissime calorie, circa 43 per 100 gr. Quelli bianchi sono impiegati freschi e secchi come edulcoranti da diverse popolazioni asiatiche per via del loro elevato contenuto di zuccheri; la loro radice è usata contro tosse e asma; il legno per fare attrezzi e piccoli lavori di intarsio.

Il gelso nero, molto simile al precedente, presenta frutti di colore nero-violaceo più grossi e saporiti, ricchi di antociani, preziosissimi antiossidanti presenti in tutti i vegetali di colore nero, viola e rosso, con azione vasoprotettrice. Nella corteccia della radice, impiegata come diuretico, purgante, ipoglicemizzante ed antianemico, è contenuta la morusina, un flavonoide con azione analgesica ideale nei casi di dolori alle terminazioni nervose (nella cute, sottocute, muscoli, fasce muscolari, articolazioni, periostio, sistema vascolare).

Infusi, sciroppi, decotti

Secondo la moderna fitoterapia, le foglie dei gelsi, in infusione, sono efficacissime contro il diabete. L’infuso si ottiene facendo bollire mezzo litro d’acqua, sminuzzandovi poi una manciata di foglie e lasciando riposare il tutto per 10 minuti. Preso nella misura di una tazzina prima dei pasti principali, è anche un ottimo coadiuvante in caso di glicosuria (presenza di glucosio nelle urine). Questo infuso è indicato anche nei casi di ipertensione e contro la diarrea. Dai frutti, invece, si ricava uno sciroppo ad azione leggermente astringente (sciroppo di more), usato in farmacia, che è anche un ottimo collutorio per gargarismi in caso di mal di denti e di gengive infiammate. Gli stessi gargarismi si possono effettuare anche con l’infuso di foglie. Il decotto, ottenuto dalla corteccia (da 5 a 12 gr. ogni mezzo litro d’acqua), ha effetti purgativi ed è indicato nei casi di insufficienza renale e nella cura del diabete.

Piramo e Tisbetisbo e piramo

Il poeta romano Ovidio nelle sue “Metamorfosi” narra una leggenda che ha come protagonisti una pianta di gelso e due giovani che si amavano. Purtroppo il loro amore era osteggiato dalle rispettive famiglie e i due innamorati si davano segretamente appuntamento presso una fonte ombreggiata da un grande gelso. Un giorno la giovinetta, che si chiamava Tisbe, giunse per prima alla fonte ma fuggì spaventata vedendo un leone. Nella fuga lasciò cadere il velo che la copriva e la belva si avventò sulla stoffa macchiandola del sangue di una preda che aveva da poco uccisa. Quando il ragazzo, che aveva nome Piramo, vide il pezzo di stoffa insanguinato credette che la sua innamorata fosse stata uccisa e disperato si trafisse il cuore con la sua spada. Il suo sangue schizzò sulle more del gelso bagnandole. Quando Tisbe tornò alla fonte e vide il corpo del suo amato disperata gridò all’albero “per sempre i tuoi frutti saranno di colore scuro per ricordare due innamorati che ti bagnarono con il loro sangue”. Poi disperata si trafisse con la stessa spada che aveva ucciso il suo innamorato.

Ovidio attribuisce a questa leggenda un’origine asiatica perché la pianta del gelso era comune in Asia Minore. Questo racconto era così popolare in epoca medioevale che venne ricordato da Dante nel “Purgatorio”.

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