“Vamos de Tapas” da Barcellona a Palma di Maiorca – Estratto dal Diaro di Bordo de “il Vino sulle Onde-Degustazione in Crociera”

Il mal di terra è una realtà. Non una melensa pubblicità che ritrae la stucchevole famiglia del mulino bianco in versione crociera! Oggi, alle nove del mattino e con l’unico occhio che per ora riesco ad aprire, vedo la pioggia battente, le cime degli alberi roteare lambite da vento di tempesta. Il gatto che da dietro la finestra ha le fauci spalancate e gli occhi arrossati, il pelo ritto come se fosse posseduto dal diavolo in persona. Strofino gli occhi per un momento, procedo barcollando, ma non è colpa del lento scivolare della nave sulle onde… Dove sono i sorrisi caldi di Liliana e Franca? I colori brillanti dei pois e delle righe dei copricostumi e dei foulard? Il Mediterraneo azzurro blu? Anche senza un bravo esorcista a portata di amano, mi decido a far entrare in casa l’assiderato e zuppo micio che come un fulmine si dirige rantolando verso la sua copertona di lana. Dall’armadio pesco la mia vestaglia color cipria e sento il tepore di Palma di Maiorca dove lo stesso colore è nella sabbia e nella pietra dei palazzi.

Non rinuncio al caffè mattutino in veranda…. Ma se non voglio che il mio espresso si trasformi in un lungo caffettone all’acqua piovana devo “tapparlo”

Un nuovo ricordo, un’ancora che salda la mia mente sulle esperienze appena abbandonate: come non pensare alle tapas.12092528_10204948436779737_701155998_n

Pare infatti che l’etimologia del nome di questi gustosi aperitivi provenga dal verbo tapar, tappare.

La storia dell’origine della tapa è costellata di aneddoti attribuiti regnanti ed osti. C’è chi dà il merito a Re Ferdinando II di Aragona che in visita all’isola di Leon, ordinò all’oste di coprire il suo calice di vino con una fetta di insaccato, per evitare che le numerose mosche che c’erano nella taverna cadessero nel suo bicchiere. Perciò il proprietario della taverna dedicò al suo re le seguenti parole: “Ecco la sua tapa (coperchio), Maestà”.

Un’altra storia assai simile è quella di re Alfonso XIII che stava visitando la provincia di Cadice e passando per questo porto polveroso, si fermò per rifocillarsi e bere del vino. In quel momento entrò una corrente d’aria per la finestra e, affinché il vino non si riempisse di sabbia, il cameriere ebbe la brillante idea di mettere una fetta di prosciutto sul bicchiere. Il re chiese il motivo di quel gesto ed il cameriere, scusandosi, gli disse che l’aveva fatto per evitare che la sabbia finisse nel vino. Al re piacque l’idea, mangiò la tapa e bevve il vino e chiese un altro bicchiere con un’altra tapa. Quando i membri della Corte che lo accompagnavano videro la scena, chiesero lo stesso e l’espediente si trasformò in usanza.

Una leggenda poco edificante narra invece che nel XVI secolo un taverniere della regione di Castilla-La Mancha scoprì il modo di coprire (“tapar”) il sapore di un pessimo vino ingannando il gusto dei propri clienti con l’offerta di odorosi pezzi di formaggio gratuiti da accompagnare alla bevanda.

Che la tapas sia nata come antesignano aperitivo reale, o dall’arguzia di scaltri tavernieri, oggi è molto più di un accompagnamento al vino. Non la definirei affatto un aperitivo e nemmeno simile ad un “antipasto all’italiana” .

La tapas non è studiata per precedere il pasto ma lo compone. E’ l’assaggio di piccole porzioni di specialità, calde o fredde, che si possono ordinare in svariate quantità. Lo distinguerei per filosofia anche dal più modaiolo “aperiqualcosa”. E’ un modo di intendere il pasto, di apprezzare tipicità e produzioni locali che vanno dai salumi, alla carne e al pesce, serviti in piccoli piatti, ciotole in ceramica, casseruole, in spiedini anche accompaganati da salse, da consumare direttamente al banco o al tavolo di bar e ristoranti.

Quelle di cui ho memoria visiva e degustativa sono le tapas che a cavallo della nostra nave, ci è capitato di vedere ed assaggiare nelle scorribande del nostro gruppo di giornalisti enogastronomi tra i porti di Barcellona e Palma di Maiorca. Dalle composizioni che legano tradizione e originalità, le tapas offrono veri viaggi di gusto tra prodotti molto diversi tra loro: prosciutto, salsiccette e salamini, olive, formaggi, lumache, gamberoni all’aglio, fritti di seppie e calamari, polpette di baccalà, cannolicchi, peperoncini (pimiendos del padron), cipolle fritte in padella. Tutte preparazioni colorate, vivaci nei sapori decisi e dall’intrinseco invito alla beva e la convivialità.

E di ritorno alla nostra cambusa, come piaceva dire al capitano de “Il vino sulle Onde” Renato Rovetta, le espressioni dei vini in degustazione venivano coinvolte e studiate anche nella ricercare delle più disparate possibilità di abbinamento con ciò che sulla terra ferma ci aveva riempito l’olfatto, il palato e la pancia.

Facendo tesoro degli usi e dei gusti di cui ho memoria preparerei le tapas per i miei amici dell’equipaggio, nel modo che qui nella Tuscia posso fare, con il rispetto però della filosofia spagnola, cioè avvicinando ed usando prodotti tipici e tradizionali.

Vamos de tapas della Tuscia

La susianella, il prosciutto e la coppa (F.lli Stefanoni, Coccia Sesto, Il Casaletto di Marco Ceccobelli, Villa Caviciana, Morelli, G.A.M., Serpepe);

La mozzarella di bufala, i formaggi a latte di pecora, capra e mucca (Az. Agr. Luisa, il Fiocchino, F.lli Pira, I Buonatavola Sini, Monte Jugo, Radicetti, Del Rio, Chiodetti);

Il fritto di filetti di persico, polpettine di coregone, i latterini;

Verdure grigliate ed in pastella;

Zuppetta di Lenticchie di Onano;

Fagioli del Purgatorio con il Brodetto di Tinca;

Ceci del Solco Dritto con le patate, la borragine e il pomodoro scatolone di Bolsena;

Il Farro del Pungolo di Acquapendente con un battuto di nepitella, E.V.O. della Tuscia, cipolla fresca e verdure di campo;

Le lumache rigatelle della maremma al sugo.

Immagino già i vini della mia terra che proporrei ai miei commensali.

Ne aggiungerei uno conosciuto proprio sulle onde per dedicare il brindisi di buon appetito e sarebbe Il Cortese, vino bianco frizzante a rifermentazione naturale in bottiglia dell’Azienda Poggio delle Grazie di Castelnuovo del Garda VR

….In alto i calici!!!!….

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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