Una Carta d’intenti del vino naturale italiano

Lo scorso 16 e 17 aprile gli eno-appassionati si sono ritrovati tra i banchi di assaggio, allestiti alla Città dell’Altra Economia a Roma, per degustare vini che mirano ad un sorso più genuino e consapevole delle scelte agronomiche e di trasformazione in cantina.

Un calice con le radici è il vessillo che chiama a raccolta i V.A.N., Vignaioli Artigiani Naturali, che hanno non solo l’opportunità di raccontare al pubblico i loro prodotti, ma anche di lasciare un segno nella storia enoica italiana.

Si riunisce, infatti, una tavola rotonda di addetti ai lavori per presentare e dibattere una carta di intenti produttivi atta a sancire i criteri minimi per la produzione di vino “naturale”, denominazione che legalmente non trova ancora una sua definizione.

Massimiliano Montes, esperto e appassionato di enologia, introduce questo appuntamento come un possibile punto di svolta come lo è stato qualche anno fa per A.V.N. (l’Association des Vins Naturels) in Francia.

Emilio Falcione, uno dei redattori nonché vignaiolo de La Busattina, sottolinea lo scopo aggregativo di questa stesura: un indirizzo concreto che mira all’unione interpretativa fra le varie associazioni del settore alla cui base ci sono metodi produttivi biologici e biodinamici. Si vuol marcare la chiara volontà di non stravolgere il territorio né in vigna né  al palato.

Cristine Cogez-Marzani, organizzatrice di Vini di Vignaioli e membro del direttivo di A.V.N., esorta ad osare di più ricordando con orgoglio come una decina di francesi abbia dettato dei canoni di autoregolazione perfino più restrittivi e, nonostante il numero esiguo di costituenti, siano riusciti a tracciare un solco che è oggi d’esempio.

Attualmente i firmatari italiani sono 42. Proclamano il rispetto per la natura, la tutela della salute dell’uomo e della vite e, tra le righe, un’autodifesa preventiva mirata ad arginare le possibili ingerenze dell’industria che ha già saputo cavalcare il fenomeno del biologico e che ora volge lo sguardo verso questa nuova meta del consumo critico.

La carta, sulla falsa riga di quella di A.V.N., istruisce un protocollo minimo agronomico e di vinificazione per chiamare un vino “naturale”.

“Il nostro Vino Naturale è:

  • ottenuto da uve da agricoltura biologica o biodinamica anche autocertificata, raccolte manualmente (il produttore, sottoscrivendo questa Carta, accetta analisi per la ricerca di eventuali residui di fitofarmaci e livello solforosa);
  • unicamente da fermentazioni spontanee (senza lieviti o batteri aggiunti);
  • con un contenuto in solforosa totale all’imbottigliamento di max 40 mg/l per tutti i vini, indipendentemente dal tenore di zuccheri residui;
  • senza l’aggiunta di alcun additivo o coadiuvante enologico in vinificazione, maturazione e affinamento;
  • senza trattamenti fisici brutali e invasivi (osmosi inversa, filtrazione tangenziale, pastorizzazione, criovinificazione o termovinificazione, filtrazione sterilizzante,ecc.)

 

Tali regole devono essere valide per tutti i vini prodotti dall’azienda. Nel sottoscrivere tale carta, si attesta la conformità del proprio lavoro agli intenti sopra scritti.

I vignaioli che non vogliono o non possono assumersi tale impegno non sono tenuti ad aderire.

I firmatari aderiscono ad una ricerca Universitaria mediante analisi chimiche e microbiologiche, alla ricerca nei vini di metaboliti e prodotti di degradazione di vari ceppi di lieviti, al fine di determinare uno standard che evidenzi l’uso di lieviti selezionati o di fermentazioni spontanee. I firmatari, inoltre, nell’immediato futuro si impegnano a sostenere e proporre tutte quelle iniziative finalizzate alla possibilità di riportare nell’etichetta  dei vini, la lista completa degli ingredienti.”

Acquistando una di queste bottiglie si avrà la garanzia di totale rispetto del terroir, della sua espressione quale biodiversità potendo contare su analisi rigorose multiresiduali e di solforosa totale, i cui mg/l saranno resi noti quale massima trasparenza.

Da ultimo, Massimiliano Montes si fa promotore per l’università di Palermo di uno studio sperimentale di analisi vinicola tramite gascromatografo per determinare se l’innesco della fermentazione delle uve sia stato spontaneo o mediante inoculo di lieviti non indigeni.
Di certo ci vorrà del tempo prima di poter leggere “vino naturale” in etichetta, ma il dibattito è più acceso che mai e una prima direzione è tracciata, i consumatori dovranno solo aguzzare la vista tra gli scaffali per effettuare scelte più salubri ed etiche.

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