Nel mondo agroalimentare, ormai da qualche anno, si guarda con interesse al percorso fatto dal comparto del vino italiano, la crescita in termini di qualità, l’affermazione sui mercati nazionali e internazionali. Qual è la strada? Per rispondere a questa domanda, declinata in particolare sul confronto con il comparto oleario, si è tenuto venerdì a Vetralla, all’interno del denso programma di appuntamenti di Fiori alla finestra e Cene in Cantina, l’incontro con Riccardo Cotarella, Presidente Nazionale Assoenologi – Responsabile scientifico EXPO 2015 e professore all’Università della Tuscia di Viterbo e con Gino Celletti, Responsabile Olio Cluster Biomediterraneo EXPO 2015.
Il punto saliente rimane lo scatto da parte dei produttori nella ricerca e nel raggiungimento di una maggiore qualità, concetto acquisito e applicato nel mondo enoico in seguito a una delle pagine più brutte della sua storia: lo scandalo del vino al metanolo del 17 marzo 1986. La gravità del fatto costrinse il comparto a un ripensamento generale per poter sopravvivere all’urto dell’evento. Come ha ricordato Riccardo Cotarella, fu soprattutto grazie a molti giovani che trovarono nella scienza e nello studio le chiavi di volta per sostenere il comparto, che fu possibile ripartire.
Quella preparazione e studio che mancherebbe, secondo Gino Celletti, al mondo dell’E.V.O., generando un problema culturale che investe sia il produttore che il consumatore. Con vis polemica ha attribuito ai produttori la mancanza della spinta necessaria a dare all’Olio Extravergine d’Oliva Italiano il giusto posizionamento sottolineando tra l’altro l’assenza del marchio sull’Albero della Vita di Expo 2015.
Se come affermato ancora da Celletti, il nodo centrale è l’ignoranza dei produttori e la mancata educazione alimentare dei consumatori che non hanno gli strumenti e le conoscenze per capire la differenza a livello salutare e nutritivo tra olio di bassa o di alta qualità, quello che però è stato trascurato nel dibattito di venerdì è lo scarto di comunicazione tra due prodotti così diversi come l’olio e il vino. Una differenza di approccio che deriva da una differenza d’uso e quindi di target. Mentre l’olio è un elemento indispensabile nella cucina mediterranea, il vino ha elaborato la sua trasformazione da alimento in piacere diventando oggetto di culto attorno a cui sviluppare gesti e rituali volti ad aumentarne la fascinazione edonistica. Di base dunque c’è una differenza nella domanda che non può essere trascurata e che dovrebbe nel caso dell’olio far elaborare una strada a sè tenendo conto delle proprie peculiarità. Come pure è stato tralasciato il percorso che la Tuscia dell’E.V.O. sta compiendo soprattutto grazie a un gruppo di produttori che si sta muovendo bene e fa da traino al territorio. I tempi per una trasformazione radicale di processi e convinzioni sono lunghi, ma è innegabile che questo passaggio sia cominciato.