Le “perle” ai porci: le patate.

L’arrivo del nuovo anno ci induce a riflessioni sul passato per affrontare il presente e augurarci un miglior futuro. Bilanci e previsioni, trasmissioni televisive e cronache sui conflitti mondiali mi riportano oggi ai ricordi di mio padre, bambino durante la seconda guerra mondiale.

Sfollato, affamato. Ride con gli occhi pieni dell’entusiasmo della giovinezza, che anche nelle situazioni più estreme riesce comunque a ricavare la bellezza dall’incoscienza. Racconta di odori, di sapori, ricorda uno dei suoi cibi preferiti: la patata lessa.

“Con la mamma, giravamo per la campagna, andavamo nei campi a cercare verdure e cibo.  Spesso fuori dei casali su rustici fuochi, bollivano “callari” pieni di patate e bucce per i porci”.

Belle grosse spesso intere, le patate apparivano a mio padre succulente leccornie.

“Con un bastoncino, per non scottarmi, ne prendevo una o anche due, e via nascosta in tasca dentro un fazzoletto. Anche solo il calore di quella patata che mi passava attraverso i vestiti alle gambe e alla pancia me la rendeva una benedizione”.

Per mio padre la perla che si dà al porco è di certo la patata. E ciò non invalida nemmeno e svilisce il senso del detto. Dare le perle ai porci, suona come un avvertimento: non dare delle “delizie” a chi non le saprà apprezzare.

La storia della patata sembra essere costellata di momenti di fama e gloria a momenti di profondo disinteresse, mi sono molto divertita a leggere alcune storie e le curiosità, sentite qua!

La sua importazione si deve agli spagnoli di Pizarro, sulla Cordigliera Andina, a metà Cinquecento.

Nella seconda parte del XVI sec. le patate giunsero in Italia grazie ai padri Carmelitani scalzi, i quali secondo un cronista dell’epoca insegnarono come dovevano essere coltivate e raccolte. Inopportunamente molti mangiavano non i tuberi ma le foglie e i frutti velenosi, con conseguenti intossicazioni.

Le patate conquistarono così una fama negativa, malgrado gli sforzi dei botanici di tutta Europa. Lo avreste mai detto che illustri pensatori e re attribuirono così tanto valore “strategico” alla patata da redigere trattati, inventare stratagemmi per farla conoscere ed inserire nella dieta degli europei?

Si racconta di un farmacista ed agronomo francese Parmentier Antoine-Augustin, che negli anni della guerra dei Sette anni, durante la prigionia in Germania ne apprezzò il sapore, constatando la sua facilità di crescita in terreni relativamente poveri. Tornato in patria, qualche anno dopo Parmentier propose la “pomme de terre” (patata) ad un premio per nuovi cibi contro la carestia, presentando il tubero come “un pane già fatto che non richiedeva ne mugnaio ne fornaio”. La memoria fu premiata nonostante una legge del parlamento del 1748 che accusava il tubero di trasmettere infezioni.

L’alimento suscitò grande interesse e fu così che, dopo la spaventosa carestia del 1785, Luigi XVI impartì l’ordine ai nobili di obbligare i propri contadini a coltivare la patata. I risultati non furono quelli sperati, perciò su consiglio di Parmentier, che orgogliosamente adornava il suo panciotto col fiore azzurro dalla pianta,fiore della patata il sovrano decise di dare seguito ad un suo stratagemma

Per convincere i contadini francesi a cibarsi di patate si cominciò facendone una coltivazione al Campo di Marte, in un terreno guardato a vista dai soldati reali, per poi spargere la voce che lì si produceva una preziosità riservata al re.

La cupidigia fece il suo corso, in molti si trasformarono in ladruncoli pur d’impossessarsi dei frutti proibiti, e durante la rivoluzione del 1789 la patata era già un cibo popolare.

All’inizio dell’ottocento la “plebea” patata trovò la sua consacrazione anche nella Haute Cuisine con le crocchette ideate da Antoin Caréme.

In Italia, nonostante gli sforzi degli studiosi, tra i quali sembra ci fu anche Alessandro Volta, ancora a metà ‘800 la patata trovava una forte resistenza come testimonierebbe la sua marginale presenza nei ricettari dell’epoca. Ad esempio in Piemonte l’avvocato ed agronomo cuneese Giovanni Vincenzo Virginio si adoperò per cercare di diffondere la patata pubblicando nel 1799 in Torino, presso la Stamperia Reale, “Il Trattato della coltivazione delle patate o sia pomi di terra volgarmente detti tartiffle”. All’epoca la patata era un alimento snobbato dalla popolazione e considerato addirittura velenoso.

Tanta era la diffidenza nei confronti di questo vegetale, che le patate fecero il loro ingresso nei mercati di Torino, Susa, Savigliano e Cuneo, per la prima volta soltanto nel 1803, quando l’agronomo iniziò a distribuirle gratuitamente, insegnando alle donne i metodi per cucinarle.

Oggi, grazie alla sua versatilità, la patata è il prodotto vegetale al quale sono dedicate più forme di preparazione. Ed eccoci ai giorni nostri in cui la patata dell’Alto Viterbese, quella patatina calda e deliziosa nelle tasche di mio padre, prende l’appellativo I.G.P. (indicazione geografica protetta) e viene inclusa nel Marchio Tuscia Viterbese come  prodotto agroalimentare tradizionale già inserito nell’ elenco nazionale dei prodotti tipici.

L’area interessata alla produzione confina con l’Umbria e la Toscana, a nord del Lago di Bolsena, e comprende per intero i Comuni di Grotte di Castro, S. Lorenzo Nuovo, Gradoli, Latera, Bolsena, Onano, Acquapendente e Valentano.

La ricetta che vi propongo oggi ci viene consigliata da “La Tradizione” bottega del gusto della Città Eterna, che sceglie di sottolineare il gusto e le caratteristiche di una delle varietà esistenti tra le patate prodotte nella Tuscia: la Lady Viola Vitelotte Patate-Lady-Viola-Vitelotte-4

Questa è una patata viola dolce e morbida, originaria del Perù. Grazie alla sua polpa farinosa è adattissima per  gnocchi e purè.

La produzione delle patate avviene ormai da quasi 15 anni nei terreni di Grotte di Castro, dell’Azienda “Perle della Tuscia”.

Nella presentazione della patata Vitelotte Lady Viola, l’Azienda sottolinea come essa sia “il frutto di una terra incontaminata e antica, di origine vulcanica, che conferisce delle caratteristiche uniche alle nostre patate. Rispetto ad altri tipi di tuberi, le patate viola vitelotte sono più piccole ed hanno una resa minore.  Patata antica, con una tradizione pluricentenaria, le sue qualità sono nella resistenza alle malattie ed alla siccità. L’alta qualità e la salubrità delle vitelotte è garantita anche dal fatto che non necessitano di molti fertilizzanti, né di particolari difese antiparassitarie. Per la loro forma bitorzoluta e il colore scuro della buccia, non a caso, vengono chiamate anche “patate tartufo” e “patate nere”.

 Qualche informazione nutrizionale

La Lady Viola è una patata senza glutine, ricca di antiossidanti, sostanze nutritive che proteggono l’organismo e aiutano a ridurre l’invecchiamento. Tale patata è oggi definita “salva-salute”, proprio grazie alle sostanze che contiene per il suo colore viola. Tali sostanze sono le antocianine, cioè pigmenti che si trovano nei vegetali ed agiscono come protettori nella prevenzione del cancro e dell’invecchiamento.

La Ricetta consigliata da “La Tradizione” – Gnocchi con patate viola della Tuscia, fonduta di parmigiano e tartufo.

Ingredienti, dosi per per 4 persone :

Per gli gnocchi
400 gr patate Vitelotte Lady Viola della Tuscia
150 gr farina

Per la fonduta di parmigiano

100 gr panna liquida da montare

150 gr parmigiano reggiano
1     rosso d’uovo

Tartufo nero medio (in assenza anche scorzone)

Preparazione
Bollire, pelare e schiacciare le patate ed impastarle con la farina.
Formare dei cilindretti di circa1 cm di diametro e 1cm e mezzo di lunghezza.
Scaldare la panna liquida ed a fuoco moderato mettere il parmigiano un po’ alla volta fino a che si addensi.
Aggiungere, sempre a fuoco basso il tuorlo dell’uovo e girare con una frusta fino all’incorporamento.

Scolare gli gnocchi  e versare sopra la fonduta. Per finire grattare il tartufo in scaglie.

Servire ben caldo.

 

logo perle della tuscia

 

 

 

Le Perle della Tuscia

Località Caracalla 01025 Grotte di Castro (VT)

www.perledellatuscia.it
info@perledellatuscia.it
Tel. 329.5468969

 

logo la tradizione

 

 

 

La Tradizione

Via Cipro, 8 | 00136 Roma

Tel. +39 06 3972 034

latradizione@latradizone.it

www.latradizione.it

 

Ti piace questo articolo?

Condividilo su Facebook
Condividilo su Twitter
Condividilo su Linkdin
Condividilo su Whatsapp

Iscriviti alla Newsletter di Carlo Zucchetti