Il vino e l’anfora di Baratti

0025C_ 001Il museo di Populonia si affaccia sulla baia di Piombino aperto davanti all’Elba e alla luce del sole pomeridiano, in basso la piazza Bovio  a destra la continuazione del porto, piccolo protetto dalla doppia difesa del frangiflutti e dell’isola che ospitò il primo irrequieto esilio di Napoleone Bonaparte. Il piccolo museo conserva uno dei più complessi misteri iconografici del tardo antico: l’anfora di Baratti. Nel 1968 l’ancora di un’imbarcazione tirò su dal fondo un oggetto metallico incrostato di vegetazione marina, deformato dal trascinamento ma chiaramente interessante. Dopo un accurato restauro, che lo risarcì dalla grave depressione, dopo averlo ripulito dai secoli di immersione, il vaso di Baratti mostrò tutto il suo ricco repertorio di immagini. 132 figurine sbalzate su altrettanti medaglioni ovali decoravano la superfice d’argento di un vaso dal collo lungo e stretto, anch’esso decorato. Questo reperto oggi occupa una stanza.  Nei suoi fianchi sensuali, ogni singola figura, che è posa e storia, è implicito mistero nell’esplicita esibizione di grazia, tanto è controllata la proporzione nel piccolo spazio ovale. Questa abilità si deve agli argentieri siriani che probabilmente ad Antiochia fecero l’anfora nel IV secolo d. C. decorandola con un testo figurativo dedicato al culto del dio Mitra o a quello di Cibele.

ovaleUn testo alquanto misterioso, nascosto dalla grazia dei singoli personaggi che noi possiamo riconoscere dagli attributi, ma che nell’insieme ci immergono in un ginepraio di significati. Ecco, quindi, Venere con il pomo della discordia e Apollo trionfante con l’arco e Artemide, sua sorella silvestre arciere anch’essa, e poi Dioniso che versa il vino dal Kantaros con accanto Arianna reggente un grappolo d’uva, dall’altra parte un Satiro.

I personaggi, isolati nel loro alveolo d’argento, son disposti secondo un’oscura regìa su sette registri, lungo la curva dei fianchi, forse allusivi alle  sette porte della cultura mitraica, corrispondenti ai sette livelli della conoscenza e ai sette pianeti. Sul collo, invece, dodici volti dal cappello frigio, i dodici mesi dell’anno e le quattro stagioni, sedici in tutto, come i medaglioni dei sette giri.

Il numero delle caselle ovali figurate è forse la chiave di lettura?

Paolo Enrico Arias ha tentato di spiegare il ciclo del vaso come attinente  alle fasi di un rito iniziatico sicuramente legato alla vacillante, splendida paganità del tardo antico. Del contenitore di Baratti, pertanto, ancora non si sa con certezza la funzione, l’ipotesi più plausibile sarebbe quella di un contenitore rituale, e vista la figura centrale di Bacco e un insistito richiamo ai riti a lui dedicati non è da escludere che il vaso potesse contenere vino.

Anche la splendida figura di Afrodite che emerge dalle acque, con accanto i suoi due amori, Ares e Adone indicherebbe la rinascita a cui i riti dionisiaci tendevano. Dopotutto, pure la presenza nella prima e nella sesta fascia decorata di danzatori e danzatrici sembrano riferirsi al Thiasos bacchico e Dioniso, ritratto due volte  giovane e maturo, rimanderebbe alla funzione orgiastica.

Procedendo oltre, in questo complesso sistema di immaginette,  notiamo la presenza di Amore e Psiche che porterebbe al significato dionisiaco del volo dell’anima verso l’immortalità. L’intera decorazione sarebbe però anche un inno alla bellezza, lo conferma la presenza di due splendide immagini di Afrodite tra cui una trionfante nel giudizio di Paride.  A questa bellezza tenderebbe l’iniziato nel suo percorso di elevazione dell’anima.

Il vaso di Baratti potrebbe essere quindi una brocca da vino rituale di più di sessanta centimetri d’altezza per una trentina di diametro con sopra illustrati i diversi gradi della conoscenza, i loro domini, da scalare mentre si beve,  tutto ammantato dalla grazia delle figure.

Una grazia antica, cullata dalla lieve concavità degli ovali, come il vaso intero lo è stato per le correnti marine, che da sempre attraversano la baia toscana tra San Vincenzo e Populonia, finché un graffio moderno,  brusco e spietato, ha interrotto il suo riposo nel tempo.

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