Guardami in faccia. Ci credi? – chiese il padre.
Sì. Lui – Sandro Gini – ci credeva.
Indiscutibilmente.
Aveva faticato per trovare quei terreni. Che non erano neanche così vicini alla loro azienda. Era andato a cercare quello stesso suolo che c’era in Borgogna, quello di cui aveva preso, insieme al fratello Claudio, una manciata di terra. Lo aveva confrontato fino a individuarne uno che a vista, nel colore e nell’impasto fosse simile. Le analisi ne avevano confermato le premesse.
E ci ritroviamo alla domanda iniziale. Il momento in cui decidere dell’acquisto.
Ci credi?
Ci credeva. Ci credevano, lui e suo fratello Claudio.
Credevano in quella montagna di sassi semi-abbandonata. Ci credevano nonostante fosse a 15 km da casa, che possono sembrare una manciata scarsa per chi non ha esperienza di spostamenti con trattori e rimorchi. Ma non lo sono. Non lo sono quando quei 15 km servono per raggiungere i 600 m. s.l.m. su strade tortuose.
È il 1987. E il progetto prende avvio. Cresce lentamente perché il vino chiede tempo.
Sono passati 31 anni da quel giorno e ci troviamo oggi con Claudio nella 4×4 che si arrampica per raggiungere da Cazzano di Tramigna monte Mirabello. Con noi c’è anche Pasquale Pace.
Intorno la pergola veronese rende morbide le colline come fossero di panna montata. Sembrano grandi torte farcite. Quando siamo quasi in cima, una stretta strada rossa segna il confine tra la denominazione Durello e la Valpolicella. E subito cambia l’aspetto del paesaggio. I filari disegnano il territorio con evidenza cartesiana e composta. Claudio, come aveva fatto con il Soave, ci indica gli elementi identificativi del paesaggio come fossero vecchi amici. Il Castello di Illasi in lontananza, poco sotto il profilo del campanile di Campiano, sul pianoro del Monte Crocetta, e laggiù in lontananza il monte Baldo e il Lago di Garda.
Il suolo tradisce l’originaria presenza del mare che ha disseminato fossili e grandi rocce calcaree, bianche e levigatissime, vicino a quelle scagliari. Qua e là schegge nere basaltiche riportano ad antiche eruzioni vulcaniche. La stratificazione del terreno è evidente in una sezione di parete.
Un vigneto d’alta quota ad alta densità di impianto, 12.000 piante per ettaro con rese basse comprese tra il 45 e i 50 quintali. Corvina, Corvinone, Rondinella, Oseleta per l’Amarone e il Valpolicella di cui escono 3500 e 6500 bottiglie e il Pinot nero che ha dato il via al progetto. Abituati alle vecchie vigne, Sandro e Claudio hanno voluto aspettare prima di vinificare e uscire con i nuovi vini.
La cantina è sorta su disegno di Sandro. Ambienti ampi e luminosi, dove prevale il dialogo con l’esterno che entra contagiando gli spazi della sua atmosfera rarefatta e rilassata.
Il tavolo della degustazione è al centro e gode della vista delle colline.
Arrivano i vini. Un avvolgente Soave Classico 17 per aprire, poi un elegante 2016 ancora sui lieviti. La freschezza de La Froscà 2015 che non si smetterebbe mai di bere anticipa un riottoso e intrigante Salvarenza 14, per andare ancora più indietro negli anni, là dove il Soave di Gini si esprime con una complessità aperta, mai tenebrosa: soave classico 97 e 2006. Ci immergiamo nell’equilibrio solare e conosciuto dei vini con una crescente curiosità verso i nuovi rossi, Valpolicella e Amarone.
– Sono molto curioso – dice Carlo Zucchetti mentre poggia il calice di Froscà 15 e aggiunge provocatoriamente – ma sai cosa dico sempre? Che chi fa grandi bianchi, non fa grandi rossi!–
Claudio sorride. E inizia a versare il Pinot nero. Campo alle More 13 e 04. L’inizio promette bene.
Poi finalmente compare la bottiglia di Valpolicella Superiore DOC Le Mattoline 13.
– Il nome – ci spiega Claudio – deriva da un toponimo ed è l’appellativo di una specie di allodola che nidifica in posti incontaminati. –
Il naso si avvicina al calice.
La reazione è condivisa.
L’occhio si sgrana nella sorpresa piacevole, seducente e il sorso si fa sorriso.
Intanto l’Amarone della Valpolicella DOCG Riserva Scajari ‘10 entra nel calice. Complesso, seducente, ossimorico per freschezza e garbo.
Carlo rimane un istante in silenzio poi – Posso solo dire che siete l’eccezione che conferma la regola. Avete fatto dei grandi rossi. – e aggiunge – Non solo. Siete riusciti a presentare un Amarone di grandissima eleganza in controtendenza rispetto a una linea di tradizione che ci ha abituati a vini opulenti e muscolosi. Insomma è davvero l’Amarone che non ti aspetti! –
Azienda agricola Gini Sandro e Claudio
Via Matteotti, 42 – 37032 Monteforte Verona (Italy)
Tel. +39 045 7611908 Fax +39 045 6101610
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