A Montefiascone per continuare con i metodi di degustazione

Il mio approccio al mondo delle degustazioni è ancora acerbo, ho bisogno di capire, di trovare il mio modello. Ho seguito i vari modi di avvicinarsi al vino con il calice in una mano e la penna nell’altra per fissare le sensazioni, i profumi e le note gustative dei vari vini cercando di afferrare le sfumature, seguendone le tracce sulla lingua, sul palato e sulle guance, appuntando le diverse indicazioni di chi guidava la degustazione.  Tutti, è ovvio, partono dai  punti fondamentali: naso e bocca, ma ogni giornalista o enogastronomo declina in maniera personale i gesti, l’analisi, e soprattutto il linguaggio, evidenziando una propria cifra stilistica.

Carlo Zucchetti, la scorsa settimana alla 54° Fiera del Vino di Montefiascone, ha iniziato con una precisa dichiarazione d’intenti: il divertimento deve essere sempre alla base di una degustazione. In sostanza un invito alla leggerezza, una “leggerezza della pensosità” come direbbe Calvino.

Bottiglie sigillate, dunque, per un assaggio alla cieca e massima concentrazione sui sensi, evitando speculazioni dovute a provenienza territoriale o vitigni, non perché non siano importanti, ma perché rappresentano il passo successivo. Lontano da ogni frivola vaghezza, Zucchetti ha smontato pregiudizi e presunzioni. Seminando piccoli indizi e generando dubbi, ha tenuto fede al suo assunto fondamentale: la conoscenza del vino non si travasa, ma si raggiunge con l’esperienza,  la valutazione e la definizione delle proprie sensazioni.

Il vino parla nel bicchiere – dice Carlo Zucchetti. Si inizia a far roteare il calice lasciando il vino libero di farsi cogliere, di sprigionare gli aromi più delicati. L’interpretazione delle note olfattive è un momento importante, è la riscoperta del più trascurato tra i cinque sensi. Poi il primo sorso, veloce, per avvinare la bocca e infine l’assaggio vero e proprio.

Un sottile intento maieutico ha caratterizzato la serata, la ricerca di una consapevolezza critica capace di trasformare un gesto quasi distratto come quello del bere in azione attenta. Una riflessione sulle percezioni da cui deriva un piacere più completo e un dialogo più efficace tra cibo e vino.

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