Buon Compleanno a Italo Arieti e Acquacotta per tutti!

Compie ottant’anni il 10 ottobre Italo Arieti, una pietra miliare della storia gastronomica della Tuscia e non solo: Assessore al Comune di Viterbo, Presidente dell’Ente Provinciale del Turismo, Presidente dell’Istituto Autonomo Case Popolari, Membro dell’Assemblea del Consorzio per la promozione dell’Università della Tuscia.

Italo Arieti e Carlo Zucchetti a una lezione del corso di formazione enogastronomica del progetto della Provincia di Viterbo “Gioventù all’Opera”.

Le pareti dello studio dove ci ha accolti tradiscono la sua professione, da una parte un divertente metro con degli animali disegnati e dall’altra la laurea in medicina e l’attestato di specializzazione in pediatria, Mente lucida, carattere energico, Italo Arieti continua a dedicarsi alla ricerca e allo studio della storia dei prodotti tipici e delle ricette, in particolare  della Tuscia.   Libri di gastronomia e appunti sono ovunque, hanno invaso le librerie dello studio sovrapponendosi ai grandi volumi di medicina, coprono la scrivania e il lettino per le visite. La sua passione profonda traspare dal desiderio di poter comunicare l’importanza che ha il mangiare come forma di conoscenza e al tempo stesso come mantenimento delle proprie radici. “Quando ebbi la carica di Presidente dell’Ente Turismo mi resi conto che si parlava di cucine regionali o di territori specifici, ma della cucina viterbese non si sapeva nulla. Per promuovere la zona decisi di creare una rivista, fu così che nel dicembre 1973 uscì “Tuscia” e tra le varie rubriche decisi di inserirne anche una dedicata alla nostra gastronomia che volli curare io stesso” Italo Arieti ci mostra i primi numeri della rivista che veniva inviata ai giornalisti e a tutti gli enti turistici d’Italia, agli uffici stampa dei ministeri, agli assessorati al Turismo delle regioni, alle Camere di Commercio.

 “Significa che  la tua attenzione alle tradizioni legate al cibo sono nate per esigenze turistiche e culturali?” chiede Carlo Zucchetti.

“In realtà l’interesse per ricette e prodotti tipici vengono da lontano, dalla storia familiare: mia madre Ilde ha sempre avuto molta cura del mangiare ed era un’ottima cuoca. Poi, un po’ come pediatra, curando l’alimentazione dei bambini, un po’ con la rivista quella che era una passione è diventata sempre di più una ricerca sulle tradizioni culinarie del nostro territorio”.

“Il passaggio dal vedere il cibo come atto, seppure curato,  della quotidianità alla storia del piatto come è avvenuto? Da dove sono partite le tue ricerche, visto che non c’era, in quel momento, grande attenzione per l’argomento e soprattutto non esistevano molte fonti pubblicate”. Chiede Carlo.

“L’occasione la coglievo ogni giorno, in Ospedale dove le nonne spesso accompagnavano i nipoti alle visite e io mi facevo portare le ricette. Ho accumulato un materiale enorme di appunti e soprattutto ho potuto avere una panoramica gastronomica che si estendeva a  tutta la provincia. Ho coinvolto in questa ricerca tutti quelli che conoscevo e ho attinto al preziosissimo bagaglio di ricette e di sapere di mia madre. Sono convinto che attraverso il cibo e le sue preparazioni si possano conoscere meglio le proprie radici, capire più profondamente chi siamo e da dove veniamo. È anche il modo per comprendere il territorio, le tradizioni agricole che lo hanno lentamente modificato, le abitudini che ne hanno segnato passaggi importanti”.

“Dalla rivista al libro Tuscia a tavola. Che cosa ha comportato la trasformazione da una forma all’altra? Ci sono stati cambiamenti?”

Italo Arieti

“La rubrica di gastronomia era diventata presto un inserto organizzato naturalmente come una sorta di libro a fascicoli: gli antipasti, le zuppe ecc. Quindi il passaggio è avvenuto nella maniera più semplice facendo un lavoro perlopiù di rilegatura. Nel 2009 è uscita la VII edizione. Ci sono ancora aggiunte e correzioni da fare.”

“Un’altra esperienza importante per l’attenzione al buon mangiare è stata la costituzione di una delegazione di Viterbo dell’Accademia Italiana di Cucina ”

“Dopo il libro che ha avuto sempre grandi riscontri in ogni sua edizione, erano in molti a chiedermi di entrare nell’Accademia, ma fu Franco Marenghi, allora presidente nazionale dell’Accademia,  ad avere la meglio sulle mie iniziali perplessità dovute più che altro alla mancanza di tempo.”

 

Carlo, sfogliando Erbe della Tuscia nel piatto: “Anche questo è stato un grande successo”.

“2000 copie vendute all’inaugurazione, era venuto Beppe Bigazzi a presentarlo. Lo avevo conosciuto a UNO Mattina, mi avevano invitato a parlare dell’Acquacotta e la Clerici alla fine mi disse che ero stato l’unico capace di far star zitto Bigazzi. Così siamo diventati amici”.

“Qual è una ricetta a cui sei particolarmente legato e perché?”

“L’acquacotta, perché rappresenta la dieta mediterranea perfetta, mi riferisco a quella maremmana, con il baccalà. Si tratta di pesce, verdure, pane, erbe aromatiche e Olio Extra Vergine d’Oliva. Il segreto di una buona Acquacotta è non eccedere nell’acqua di cottura che va dosata e semmai aggiunta, se necessario, durante la cottura per mantenere la quantità di liquido appena sufficiente”.

“Il nostro territorio, grazie al tuo lavoro e alla strada che hai tracciato ormai da qualche anno, è cresciuto, ma ancora c’è molto da fare. Un luogo deve essere comunicato nella sua interezza, bisogna operare per cercare di proporre sia a chi è nato qui, ma anche ai turisti la nostra identità e la cucina, come il paesaggio sono elementi identitari forti e soprattutto immediati”. Riprende Carlo.

“La riscoperta dei sapori, delle tradizioni degli aromi significa radicamento territoriale, attaccamento alle proprie origini e comprensione del nostro passato. Non solo, significa anche trasmissione, possibilità di far capire un luogo anche a chi  è di passaggio o non è cresciuto lì. Per questo credo sia fondamentale continuare a lavorare su questi temi, ma soprattutto penso che sia essenziale rafforzare i legami con le tradizioni, conoscere capire e diffondere i prodotti tipici locali sia nel consumo privato quotidiano sia attraverso un sempre maggiore uso nei ristoranti, nelle scuole alberghiere e nelle mense scolastiche. Il problema della riconoscibilità dei sapori e della sopravvivenza di molte ricette deriva dalla sempre maggiore mancanza di tempo. La cucina richiede amore, dedizione e  tempo. Ormai siamo tutti troppo orientati sul già pronto, sulle cotture rapide, ma bisognerebbe ritrovare il piacere di preparare qualcosa che vada al di là del nutrimento fisiologico. Mangiare è un momento dedicato a noi stessi e a chi condivide con noi quella che è una vera e propria esperienza culturale.”

 

 

Acquacotta Maremmana

Ingredienti per 4 persone

 

1kg di baccalà

1 kg di Cicoria (preferibilmente di campo)

4 patate

500 gr pomodori

½ peperoncino

Mentuccia fresca

4 aglio

1 cipolla

sale

Olio Extra Vergine di Oliva

Pane casereccio raffermo

 

Preparazione

Versate circa 1 litro d’acqua in una casseruola e aggiungete il baccalà che avrete tenuto precedentemente  in ammollo per 12 ore, le patate pelate, gli spicchi d’aglio, la cipolla tagliata a fette, i pomodori tagliati a pezzi grandi e il peperoncino. Lasciate cuocere con il coperchio per circa 1 ora. Nel frattempo pulite e lavate la cicoria e mettetela a lessare parzialmente per eliminarne il sapore troppo amaro, soprattutto se è di campo. Completate la cottura aggiungendola alla casseruola con gli altri ingredienti insieme alla mentuccia fresca. Badate che il livello dell’acqua sia sufficiente e se necessario aggiungetene calda.

A cottura ultimata preparate il pane sul fondo dei piatti versate il liquido in modo sufficiente  a far impregnare bene il pane e sopra una patata, la verdura e un pezzo di baccalà. Lasciate riposare il piatto per pochi minuti, irrorate con Olio Extra Vergine d’Oliva e servite.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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